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AIFA: ancora pochi pazienti in studi sulle malattie rare

Sono ancora troppo pochi i malati rari che hanno preso parte ad almeno un progetto di ricerca nella loro vita. Solo il 37%, di cui il 18% per sviluppo di nuove terapie e il 15% per indagini sulla qualità della vita. E’ quanto ha recentemente sottolineato il direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), Mario Melazzini.

“Si rilevano differenze di genere da colmare – spiega Melazzini – le donne sono sempre meno rappresentate negli studi, nonché discrepanze a livello geografico nell’accesso alla ricerca. L’Italia per fortuna si attesta al quarto posto tra le nazioni con il più alto tasso di partecipazione di malati rari a progetti di ricerca per sviluppo di nuovi trattamenti, terza in Europa dopo Germania e Olanda”.

“La principale motivazione che spinge i pazienti con malattie rare a prendere parte alla ricerca clinica – prosegue Melazzini – è la possibilità di contribuire al progresso scientifico a vantaggio della comunità, ma ovviamente anche di ricevere nuove opzioni di trattamento. L’instaurarsi di un rapporto di fiducia con i ricercatori è il fattore fondamentale che contribuisce alla soddisfazione del malato raro che partecipa a un progetto di ricerca, così come l’essere seguiti da vicino e con regolarità dal team di ricercatori. Il gap da colmare, secondo i pazienti, è quello degli investimenti: benché nelle ultime due decadi.

“Si sta assistendo ad un sostanziale incremento della ricerca nelle malattie rare, resta ancora molto da fare per promuovere il coinvolgimento di popolazioni più ampie nelle sperimentazioni cliniche e per un maggiore coordinamento degli studi sulle stesse patologie” conclude il presidente AIFA.
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