Terapia

Arriva baricitinib, farmaco orale per le forme moderate - gravi di artrite reumatoide

Disponibile per i pazienti italiani affetti da artrite reumatoide il baricitinib, un farmaco che blocca l’infiammazione e il danno articolare nelle forme moderate-gravi. Già approvato dal CdA dell’AIFA, il farmaco sarà a breve rimborsato anche in Italia.

Baricitinib agisce direttamente sugli enzimi JAK1 e JAK2 modulando l’effetto delle citochine JAK-dipendenti. Le citochine JAK-dipendenti sono implicate nella patogenesi di diverse patologie infiammatorie e autoimmuni e ciò sembra suggerire che gli inibitori dei JAK possano essere utili nel trattamento di un’ampia gamma di condizioni infiammatorie. In caso di alterata regolazione dell’attività di specifici enzimi JAK si può infatti sviluppare un processo infiammatorio e un’attivazione anomala del sistema immunitario.

La “small molecule” può esibire un curriculum scientifico di tutto rispetto: le sue proprietà e i risultati sia in termini di efficacia che di sicurezza sono stati dimostrati in numerose ricerche che hanno misurato endpoint di efficacia clinica, inibizione della progressione del danno articolare e miglioramento di PROs (Patient Reported Outcomes), quali ad esempio il dolore. La somministrazione orale porta inoltre una maggiore maneggevolezza nella gestione delle terapie.

“Poter disporre di un farmaco efficace sin dalle prime settimane di trattamento rappresenta un grande vantaggio, in quanto permette di controllare rapidamente le manifestazioni cliniche dell’artrite reumatoide” spiega il professor Fabrizio Conti, docente di Reumatologia all’Università La Sapienza di Roma “Baricitinib esercita la sua azione con un meccanismo innovativo: inibisce infatti gli enzimi Janus chinasi 1 e 2, molecole intracellulari che modulano i segnali delle citochine infiammatorie responsabili dello sviluppo e della progressione della malattia. A differenza dei farmaci biologici in uso da circa vent’anni diretti verso un singolo bersaglio extracellulare, i nuovi farmaci, come baracitinib, attraversano la parete cellulare e possono bloccare contemporaneamente l’effetto di diverse proteine (citochine) pro-infiammatorie”.



“Si tratta di un importante progresso per i pazienti” ha affermato Roberto Caporali, professore associato di reumatologia presso l’Università di Pavia e Responsabile dell’Early Arthritis Clinic della Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia, “perché tra il 40 e il 50% dei pazienti non ottiene miglioramenti dal trattamento di prima linea che solitamente si basa sull’uso del metotrexate. L’efficacia della terapia con metotrexate viene valutata a 3 mesi e poi a 6, per valutare il raggiungimento di uno stato di controllo dei sintomi e, possibilmente, di remissione della patologia. Se il paziente non risponde e non ne trae beneficio, è necessario passare a terapie di seconda linea.

Baricitinib può essere un’opzione terapeutica in questa tipologia di pazienti. Infatti, l’assunzione quotidiana di una compressa da 4 mg ha determinato un miglior controllo della malattia, in particolare del dolore, già dalle prime settimane per poi confermarsi dopo 24 e 52 settimane di trattamento (risultato misurato con la scala VAS).”
La nuova molecola è indicata per i pazienti che non ottengono miglioramenti significativi, o risultano intolleranti, a uno o più farmaci biologici anti-reumatici (DMARD, sigla in inglese di Disease Modifyng Antirheumatic Drugs), tra cui il metotrexate, sia in monoterapia che in combinazione tra di loro.

Le stime dicono che solo il 30-50%% dei malati raggiunge attualmente la remissione clinica e un numero importante di essi, invece, non raggiunge risultati soddisfacenti ed è destinato a veder peggiorare progressivamente le proprie condizioni sino alla disabilità. Baricitinib ha mostrato di migliorare in maniera significativa segni e sintomi della malattia e si è mostrato efficace sul dolore, spesso invalidante, già dalla prima settimana. Se la malattia è riconosciuta in tempo e trattata adeguatamente, anche le forme moderate e gravi possono essere controllate efficacemente.

È un farmaco che rappresenta un importante traguardo e in esso sono riposte grandi potenzialità anche grazie ad alcune caratteristiche di ‘maneggevolezza’: si tratta infatti del primo trattamento orale rispetto agli altri che invece prevedono una iniezione. La formulazione orale e l’unica somministrazione giornaliera favoriscono significativamente l’aderenza ai trattamenti e rappresentano un indubbio valore aggiunto rispetto ai tradizionali trattamenti iniettivi.

Ecco come ha commentato Silvia Tonolo, Presidente di ANMAR (Ass. Naz. Malati Reumatici) l’arrivo sul mercato italiano di baricitinib: “la vita di un malato reumatico tra visite di controllo, gestione della terapia o delle terapie non è certo facile; l'arrivo di farmaci che si possono somministrare per via orale agevolerà la sua vita con un risparmio in ore di lavoro, spostamenti e richieste di supporto a familiari e/o caregiver. Consideriamo, poi, che i malati reumatici soffrono di ansia, depressione e dolore, problemi che, una terapia rapidamente efficace e maneggevole, può alleviare. Una terapia orale è più accettabile perché l'ago fa sempre paura e, proprio per questo motivo, spesso il malato non è aderente ai trattamenti iniettivi. Disporre di una compressa facilita la gestione della malattia anche negli spostamenti, nei viaggi, sul lavoro, con un vantaggio in termini di qualità della vita. Per non considerare, poi, anche l’aspetto della diminuzione del dolore, elemento cruciale per ciascun paziente”.

L’AR evolve in un danno alle articolazioni e porta ad una progressiva disabilità: il 50% dei pazienti riporta vari gradi di invalidità o non autosufficienza entro 20 anni dall’esordio della malattia. Le manifestazioni cliniche della malattia non curata in modo ottimale portano a disabilità nell’80% dei casi .

Tenere sotto controllo i livelli di infiammazione è importante anche per diminuire le numerose comorbidità che si aggiungono al quadro già complesso della malattia reumatica. L’AR è anche un importante fattore di rischio per malattie cardiovascolari come l’infarto. Non a caso più del 50% dei decessi prematuri nei soggetti con AR è imputabile ad eventi cardiaci (Nature Reviews Rheumatology 2011). Le cause sono riconducibili alla cascata infiammatoria che interessa anche i vasi sanguigni e aumenta il rischio di aterosclerosi (dati CDC).
Rallentare e frenare la progressione della patologia con terapie adatte ha effetti virtuosi anche sull’aspettativa di vita: in media di 4 anni negli uomini e di 10 nelle donne se la malattia non viene adeguatamente trattata.


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