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E se una donna con il Lupus desiderasse un figlio?

Lupus e gravidanza: un connubio possibile, a patto che ci sia una programmazione con gli esperti e che si sfati da subito il mito che si debbano interrompere i farmaci. Lo dicono anche le ultime raccomandazioni EULAR del 2017.

Il tema sarà trattato all’interno del XXI Congresso Nazionale del Collegio dei Reumatologi (CReI), presso l’Hotel NH Villa Carpegna di Roma dove dal 10 al 12 maggio, esperti provenienti da tutta Italia, si siederanno a delle tavole rotonde per argomentare sui tanti risvolti che possono avere “Flogosi ed Autoimmunità”.

Il primo giorno di apertura dei lavori del CReI, il 10 maggio, è anche la data in cui ricorre il 15esimo anniversario del World Lupus Day (WLD), una giornata internazionale celebrata con eventi in tutto il mondo sotto il claim “Lupus Knows No Boundaries”, “Il Lupus non conosce confini”.

Nel 2016, Selena Gomez, cantante e attrice statunitense, dopo che le è stata diagnosticato il Lupus ha deciso di ritirarsi dalle scene accendendo i riflettori su questa malattia autoimmune sistemica di cui non si conoscono ancora le cause, e di cui ancora troppo poco si parla. Le persone affette da Lupus Eritematoso Sistemico (LES) sono 5 milioni in tutto il mondo, tra cui 60.000 in Italia. Per lo più donne, nella misura di 9 a 1, tra i 13 e i 55 anni.

«Un’età fertile in tutti i sensi, compromessa nella qualità relazionale e professionale. Un’età in cui una donna e un uomo possono avvertire il desiderio di diventare genitori. Un desiderio che oggi si può realizzare: anche per questo, noi medici, una volta fatta diagnosi, dobbiamo parlare di programmazione famigliare insieme alla coppia», afferma Stefano Stisi, Presidente CReI. Si stima, infatti, che 1/3 delle pazienti non parli al proprio medico né di maternità né di contraccezione.

«Sono due temi che dobbiamo trattare. Il Lupus è una malattia multifattoriale e multiorgano, che interessa più organi e sistemi come la pelle, le articolazioni, i reni, il sangue e i tessuti connettivi, a genesi autoimmune, nella quale il sistema immunitario della persona che ne è affetto autoaggredisce l’organismo, ed è cronica, parola che non ha bisogno di spiegazioni. Dà stanchezza, non ci si può esporre al sole, ci sono rischi di incorrere in eventi trombotici, ecco perché insieme a un team di esperti dobbiamo valutare anche la scelta dei contraccettivi», aggiunge Stisi.

Il Lupus, però, nonostante non abbia ancora una cura definitiva, è una malattia che grazie alla diagnosi precoce può essere ben tenuta sotto controllo grazie ai farmaci immunosoppressori, all’idrossiclorochina, e al cortisone, e non è di impedimento all’arrivo di una gravidanza.

«Alcune pazienti, ancora convinte che i farmaci facciano male, sospendono l’idrossiclorochina senza consultare il medico. Ma questo è un farmaco sicuro durante la gestazione, lo dimostrano gli studi scientifici. Ed è importante per tenere sotto controllo la malattia, premessa fondamentale per il benessere del feto», sottolinea Laura Andreoli, reumatologa presso l’ASST Spedali Civili di Brescia e ricercatrice presso l’Università degli Studi di Brescia, che sarà tra gli esperti seduti alla tavola rotonda del Congresso Nazionale CReI. 

«L’importante è che medico e paziente si parlino e che programmino insieme questo momento di vita della donna, essendo consapevoli di quello a cui si potrebbe andare incontro. Un punto fondamentale prima di cercare un figlio è che la malattia sia in fase di remissione, che si ottiene grazie al trattamento farmacologico, e che si valutino gli autoanticorpi materni che possono avere un impatto negativo sulla gravidanza, in modo da implementare strategie preventive o di diagnosi precoce delle complicanze», afferma Laura Andreoli.

Una donna affetta da Lupus ha una probabilità più alta delle altre di interruzione spontanea della gravidanza, di morti o rallentata crescita intrauterine, e nascite pretermine. «Le perdite fetali nelle pazienti lupiche variano dall’11 al 24% dei casi, le nascite pretermine prima della 37esima settimana, che possono avvenire con una frequenza compresa tra il 24 e il 59%, sono ben seguiti dagli esperti della neonatologia», aggiunge Andreoli, «Oggi, l’85% delle gravidanze, se programmate insieme al reumatologo, all’immunologo, al ginecologo, agli ostetrici e al neonatologo, vanno a buon fine. La programmazione è importante, perché insieme a una équipe di esperti, possiamo fare una stratificazione del rischio, ossia valutare tutte le possibili complicanze a cui si potrebbe andare incontro. Una donna affetta da questa patologia deve potere avere una vita normale che includa anche il crearsi una famiglia, è questa la direzione in cui stiamo lavorando».

È importante anche parlare di contraccezione, sottolineano gli esperti. «I metodi contraccettivi che possono utilizzare le donne con il Lupus sono tanti, ma anche in questo caso, è bene parlarne con gli esperti. Bisogna, ad esempio, considerare la presenza degli anticorpi antifosfolipidi che possono mediare problemi come trombosi vascolari. C’è tutta una valutazione di quella che è la donna in sé e per sé, a prescindere che voglia o meno la gravidanza», conclude Andreoli.
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