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Fibromialgia e dieta pro-infiammatoria: qual è il legame?

L’adozione di una dieta pro-infiammatoria potrebbe essere associata a ipersensibilizzazione al dolore nelle donne affette da sindrome fibromialgica. Questo il responso di uno studio recentemente pubblicato su Pain Medicine che suggerisce, per contro, l’adozione di diete anti-infiammatorie per migliorare l’ipersensibilizzazione al dolore in queste pazienti.

Razionale e disegno dello studio
La sindrome fibromialgica (FMS) rappresenta una condizione dolorosa complessa, cronica e generalizzata, caratterizzata dalla presenza di alcuni sintomi come la fatigue, i disturbi del sonno, l’ansia e la presenza di alterazioni della sfera cognitiva.

La costellazione di comorbilità legate a FMS può portare ad effetti negativi sul normale svolgimento delle attività quotidiane. Per queste ragioni, dunque, FMS è considerata un problema sanitario pubblico di non poco conto, associato a costi sanitari rilevanti.

I meccanismi sottostanti alla FMS restano ancora oggi in larga parte sconosciuti. I dati disponibili, però, suggeriscono come una predisposizione genetica e la presenza di fattori ambientali possa promuoverne lo sviluppo.

Studi recenti hanno evidenziato l’esistenza di un ruolo del sistema immunitario e, specificatamente, delle citochine infiammatorie, nello sviluppo e nel mantenimento di questa condizione. Inoltre, è stato anche suggerito che uno sbilanciamento tra citochine pro- e anti- infiammatorie potrebbe essere legato ai diversi processi clinici coinvolti nella patologia, come dolore, fatigue e disturbi del sonno.

Le ultime LG sulla malattia suggeriscono come l’adozione di un approccio multidisciplinare, che comprende sia interventi farmacologici che non farmacologici, rappresenta la strategia principale da utilizzare per migliorare i sintomi di FMS.

Tra gli interventi non farmacologici, sono degni di menzione gli interventi sul regime alimentare, che sembrano molto promettenti per questi pazienti.

A tal riguardo, una rassegna recente della letteratura ha mostrato come alcune modificazioni specifiche della dieta possano portare a miglioramenti clinici della sintomatologia legata a FMS; in modo analogo, è stata documentata l’esistenza di un’associazione tra le abitudini alimentari ed alcuni outcome psicosociali nella donne affette da FMS. Inoltre, esistono anche evidenze limitate e contraddittorie sull’associazione degli interventi dietetici con i sintomi clinici di FMS, come la severità di malattia, la fatigue, il sonno e l’ansia.

Fino ad oggi, però, non era mai stata oggetto di studio l’associazione esistente tra la dieta e l’ipersensibilizzazione al dolore – il sintomo principale di FMS.

DII (The Dietary Inflammatory Index) è un indice dietetico validato che è stato sviluppato per predire i livelli di infiammazione dei pazienti. I punteggi DII sono associati ad alcuni marker infiammatori, quali la CRP, IL-1, IL-2, IL-6, omocisteina e fibrinogeno.

Dato che le citochine infiammatorie potrebbero essere coinvolte nel meccanismo che sottende FMS e che gli interventi nutrizionali sembrano migliorare la sintomatologia legata alla malattia, i ricercatori hanno voluto verificare la fondatezza dell’ipotesi secondo cui l’adozione di una dieta anti-infiammatoria sarebbe in grado di migliorare l’ipersensibilizzazione al dolore e ad altri sintomi associati a FMS.

Le diete anti-infiammatorie sono caratterizzate dal consumo di frutta e vegetali, un’assunzione moderata di proteine a basso tenore di grassi (presenti nel pollame e nel pesce), come pure di grassi mono-insaturi come olio d’oliva e noccioline, e un consumo ridotto di pane e cereali.

Su questi presupposti è stato costruito il nuovo studio, che ha voluto verificare se una dieta anti-infiammatoria fosse associata a variazioni del punteggio DII, della soglia del dolore al tatto (PPT) in corrispondenza di alcuni siti con punti dolenti, o della sintomatologia legata a FMS.

Lo studio ha incrociato i dati relativi a donne con diagnosi di FMS (n=95) e donne non affette da malattia (n=98), in base allo stato menopausale. I ricercatori hanno condotto loro delle interviste strutturate, a 24 ore dal loro reclutamento, finalizzate al calcolo di DII. Sono ricorsi, successivamente, all’algometria e al calcolo del punteggio su scala VAS per valutare le soglie di dolore tattile nei siti con punti dolenti e i livelli autoriferiti di dolore globale, rispettivamente. Inoltre, hanno valutato la severità di malattia, la fatigue, l’ansia da carenza di sonno e la sensibilizzazione centrale.

Risultati principali
Dallo studio è emerso che le soglie di dolore pressorio in siti con punti dolenti sono risultati associati a punteggio DII, dopo aggiustamento dei dati in base all’età, allo stato menopausale e ai livelli globali di energia a livello occipitale (p=0,036), del trapezio (p=0,007), dell’articolazione zigoapofisaria (p=0,035), della seconda costola (p=0,006), del gluteo (p=0,017), del grande trocantere (p=0,041) e del ginocchio (p=0,011).

Al contrario, non sono state documentate associazioni tra i punteggi DII e la sintomatologia clinica rimanente in entrambi i gruppi.

Implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno esaminato, per la prima volta, la possibile esistenza di una relazione tra il punteggio DII e le soglie di dolore tattile dei siti con punti dolenti e tra il punteggio DII ed altri sintomi legati alla fibromialgia, come il dolore globale auto-riferito, la severità di malattia, la fatigue, il sonno e l’ansia in una popolazione di donne affette da FMS.

Per quanto nessuna differenza significativa di questi fattori sia risultata associata con un profilo dietetico anti-infiammatorio, è emerso che le diete pro-infiammatorie, al contrario, sono associate in modo statisticamente significativo a soglie di dolore tattiale più basse per la maggior parte delle aree con punti dolenti.

Questi risultati, pertanto, suffragano l’ipotesi che il potenziale infiammatorio legato alla dieta è associato con l’ipersensibilizzazione al dolore nei soggetti affetti da FMS.

Restano ancora da chiarire i meccanismi attraverso i quali le diete pro-infiammatorie sono in grado di ridurre le soglie di dolore tattile nei soggetti affetti da FMS. A questo proposito, i ricercatori hanno ipotizzato che le diete anti-infiammatorie potrebbero ridurre i livelli di citochine infiammatorie, normalmente elevati in questi pazienti, riducendo in tal modo l’ipersensibilizzazione al dolore.

La stessa associazione, invece, non è stata osservata nelle donne sane, a suggerire che le diete anti-infiammatorie influenzano solo la percezione dolorifica in questo modo, laddove lo stato infiammatorio dell’individuo è già elevato.

NC

Bibliografia
Correa-Rodríguez M et al. Dietary inflammatory index scores are associated with pressure pain hypersensitivity in women with fibromyalgia [published online September 25, 2019]. Pain Med. doi:10.1093/pm/pnz238
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