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Fibromialgia: la Commissione Affari Sociali approva risoluzione per inserirla tra le malattie croniche e invalidanti

Per la sindrome fibromialgica, dopo anni di duro lavoro da parte delle associazioni pazienti e degli esperti reumatologici, a cui si sono affiancati recentemente i terapisti del dolore, c’è finalmente una buona notizia. È stato trovato un accordo in XII Commissione alla Camera su un testo unificato, frutto di diverse risoluzioni, presentate da gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione, che impegna il Governo a includere la patologia nell’elenco delle malattie croniche di rilevante impatto sociale e sanitario e che devono rientrare nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Le  associazioni AISF e CFU (Comitato Fibromialgici Uniti) Italia, con il sostegno di SIR (Società Italiana di Reumatologia), AISD (Associazione Italiana per lo Studio del Dolore) e CReI (Collegio Reumatologi Italiani), avevano inviato la richiesta di inserimento nei LEA il 12 ottobre scorso insieme ad un Consensus Document e una proposta di PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistito) direttamente alla presidenza della Commissione LEA (Livelli essenziali di Assistenza) e avevano presentato la stessa documentazione in udienza in XII Commissione alla Camera. Il documento medico-scientifico di condivisione degli intenti era stato redatto da alcuni opinion leader nazionali sulla fibromialgia.

L’onorevole Paola Boldrini, firmataria Dem di una delle risoluzioni presentate alla XII Commissione, in un’intervista si è detta molto soddisfatta: «La risoluzione prevede di includere la fibromialgia nell’elenco delle malattie croniche di rilevante impatto sociale e sanitario e che devono rientrare nei Lea. Sono molto soddisfatta perché il Ministero della Salute ha accolto favorevolmente il testo, considerando gli impegni concretamente attuabili e creando un percorso facilitato per l’inserimento nei Lea». E ha aggiunto: «La risoluzione prevede anche l’individuazione di centri di riferimento multidisciplinari a livello regionale dedicati alla ricerca o all’attività clinico-assistenziale e l’individuazione tra le migliori esperienze regionali di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale che possa essere un modello per tutto il territorio nazionale».

Cosa comporta per i malati questa buona notizia? «Si tratta di un passaggio importante sia per i fibromialgici sia per coloro che curano i malati di fibromialgia, i reumatologi e i terapisti del dolore, ora entrambi autorizzati a fare diagnosi nel contesto di un’eventuale esenzione di malattia. Rappresenta il primo riconoscimento a ricaduta pratica nei confronti di questa malattia, che fino a ora è stata considerata e riconosciuta sempre poco. L’inserimento nel decreto per le malattie croniche e invalidanti, se la cosa andrà in porto, insieme all’approvazione del PDTA, che nella pratica è quello che fornisce al malato il servizio, prevedrà dei vantaggi per le persone affette da fibromialgia che potranno usufruire di alcune prestazioni in maniera gratuita», commenta Gianniantonio Cassisi, reumatologo presso l’ASL di Belluno, esperto nella sindrome fibromialgica e segretario del CReI. «Inoltre, ci sarà anche l’obbligo per le aziende sanitarie di rispondere a quanto previsto nei LEA».
 
Con la risoluzione votata dalla Commissione Parlamentare, il Governo dovrà impegnarsi sull’assunzione di iniziative per includere la sindrome fibromialgica nell’elenco delle malattie croniche che rientrano nei nuovi LEA, in corso di aggiornamento, grazie al confronto con i referenti delle società scientifiche e delle società maggiormente riconosciute per lo studio della malattia, insieme alla Commissione per l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza; sull’adozione di iniziative, anche per il tramite dell’Istituto Superiore della Sanità, per individuare criteri diagnostici omogenei finalizzati alla constatazione delle condizioni cliniche delle persone affette dalla sindrome in base al livello di gravità e di invalidità che potranno dare diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa.

Inoltre, ci sarà l’impegno per iniziative volte a un piano di informazione e di formazione del personale sanitario, che consenta una più ampia e approfondita conoscenza della malattia, finalizzata alla riduzione dei tempi per la formulazione di una corretta diagnosi, oltre che la definizione di “cronicità” da parte dello specialista reumatologo o algologo riconfermabile dopo 24 mesi.

Ma non è tutto: ci sarà anche l’impegno a promuovere cure integrate che prevedano la gestione dello stress, l’agopuntura, l’idroterapia, l’ozonoterapia, la camera iperbarica a integrazione delle terapie farmacologiche tradizionali a cui in futuro potrebbero forse aggiungersi anche i cannabinoidi. Sarà possibile anche valutare l’ipotesi del telelavoro, per i malati con disagio psicofisico severo indotto dalla malattia.
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