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Predizione di artrite reumatoide per artralgia sospetta: l'imaging a risonanza magnetica dei piedi non serve, in presenza di quello delle mani

L’imaging a risonanza magnetica dei piedi, complementare a quella delle mani, non migliora l’accuratezza predittiva della tecnica usata per individuare la presenza di artrite reumatoide in pazienti con artralgia clinicamente sospetta. Lo dimostrano i risultati di uno studio recentemente pubblicati su Rheumatology che suggeriscono la possibilità di ottenere dei risparmi dalla non effettuazione dell’imaging dei piedi in questo contesto.

Razionale e disegno dello studio
Il ricorso all’imaging a risonanza magnetica (MRI), in presenza di artrite reumatoide (AR), è raccomandato come ausilio al processo diagnostico in caso di dubbi sulla diagnosi di malattia. Per quanto le raccomandazioni di trattamento, generalmente, si focalizzino sul ruolo dell’imaging nei pazienti con artrite clinicamente evidente, alcuni studi hanno mostrato che il ricorso a questa tecnica potrebbe rivelarsi utile anche nei pazienti con sintomi a rischio di AR che sono in fase pre-artrite, in ragione del riscontro di infiammazione articolare subclinica rilevata mediante MRI.

Va anche ricordato, però, che la MRI; per quanto sensibile e predittiva di malattia in questo setting di pazienti, è anche una tecnica costosa. Ci si è posti la domanda, allora, se sia possibile ridurre i tempi di scansione e i costi omettendo la MRI dei piedi ed effettuando solo quella delle mani in questi pazienti.

A tal scopo, i ricercatori hanno preso in considerazione una coorte di 357 pazienti con artralgia clinicamente sospetta. Al reclutamento, i pazienti sono stati sottoposti a valutazione per la presenza di osteite, tenosinovite e sinovite mediante MRI con intensificazione del contrasto della mano (articolazioni metacarpofalangee 2-5), dei polsi e dei piedi (articolazioni metatarsofalangee 1-5).

Nel corso del follow-up, di durata ≥1 anno, i pazienti sono stati visitati da un reumatologo al fine di veririficare l’eventuale insorgenza di artrite infiammatoria. A tal proposito, utilizzando i criteri del 2010, i ricercatori hanno condotto anche analisi di sensitività, utilizzando come outcome lo sviluppo di AR.

Risultati principali
Lo studio ha effettivamente dimostrato che la tenosinovite dei piedi, rilevata mediante risonanza magnetica, era associata allo sviluppo di artrite infiammatoria, indipendentemente dalla probabilità di sviluppare sinovite e osteite  (HR:4,75; IC95%=2,38-9,49), e dai livelli di ACPA e di CRP (HR=3,13; IC95%=1,48- 6,64).

Ciò premesso, considerando tutti i pazienti con artralgia clinica sospetta, l’11% aveva infiammazione alle mani e ai piedi, il 29% solo alle mani e solo il 3% ai piedi. Dallo studio è emerso anche che era poco frequente la presenza di infiammazione subclinica a livello delle articolazioni metatarsofalangee senza la presenza concomitante di infiammazione subclinica delle articolazioni della mano.

Da ultimo, in linea con queste osservazioni, l’aggiunta degll’imaging a risonanza magnetica dei piedi a quella delle mani non aumentava l’accuratezza predittiva di AR: la sensitività si è mantenuta attorno al 77%, mentre la specificità è scesa dal 66% al 62%. Anche le analisi di sensitività che utilizzavano lo sviluppo di AR come outcome hanno dato risultati simili.

Riassumendo
Lo studio ha dimostrato il valore prognostico della tenosinovite dei piedi individuata mediante imagina a risonanza magnetica nei pazienti con artralgia a rischio di AR. Tuttavia, per quanto la tenosivite in questione sia risultata associata allo sviluppo di artrite infiammatoria, l’aggiunta dell’imaging a risonanza magnetica dei piedi a quella delle mani non ha innalzato l’accuratezza predittiva. Per queste ragione, è possibile fare a meno dell’analisi di imaging dei piedi, con vantaggi in termini di risparmio di risorse sanitarie.

Nicola Casella

Bibliografia
Boer AC et al. Improving the feasibility of MRI in clinically suspect arthralgia for prediction of rheumatoid arthritis by omitting scanning of the feet. Rheumatology. doi:10.1093/rheumatology/kez436
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