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Ritmi circadiani, scelte alimentari e microbiota intestinale. Trascurarli aumenta rischio di malattia reumatica

Durante le tavole rotonde del XXI Congresso Nazionale del CReI, che dal 10 al 12 maggio tratterà di “Flogosi ed Autoimmunità”, saranno discussi tre temi di fondamentale importanza e strettamente correlati con l’insorgere di una malattia reumatica infiammatoria e autoimmune: ritmi circadiani, scelte nutrizionali, e microbiota intestinale.

Temi, come sostengono gli esperti, fortemente interconnessi e che se perdono il loro equilibrio minano il benessere della persona. Per questo richiedono molta attenzione, non solo da parte dei 13milioni di italiani che hanno a che fare con una delle 150 patologie reumatiche ma da tutti, anche dai medici specialisti e di medicina generale, soprattutto per fare prevenzione su queste malattie. Perché a quanto dicono i numeri, le malattie reumatiche si stanno diffondendo maggiormente.

«Sappiamo ormai che sono malattie che si manifestano sia per cause genetiche che epigenetiche, cioè l’influenza degli stimoli ambientali sui geni. Gli stili di vita occidentali, che prevedono ritmi frenetici, pasti consumati con disattenzione e sulla base di scelte non sempre consapevoli, oltre al poco rispetto dei ritmi circadiani che condizionano la produzione ormonale del nostro corpo, rischiano di compromettere sempre di più lo stato della nostra salute», premette Stefano Stisi, Presidente del CReI.

«La nostra vita, sia in condizioni di salute sia in condizioni patologiche, è controllata dai ritmi circadiani, cioè dall’alternarsi del giorno e della notte nelle 24 ore della giornata, quindi della luce e dell’ombra, e delle stagioni (ritmi circa nnuali), che nel corso degli anni hanno condizionato il nostro genoma e la nostra reattività alla varie fasi della attività quotidiane (anche le piante e tutti gli organismi viventi ne risentono gli effetti). Un tema, questo, che l’anno scorso ha vinto il Premio Nobel per la medicina», ricorda Maurizio Cutolo, Direttore della Clinica Reumatologica e dei Laboratori di Ricerca DiMi IRCCS Policlinico San Martino di Genova, Past President EULAR, che condividerà l’argomento con i reumatologi presenti al XXI Congresso CReI.

«Di giorno, abbiamo bisogno di calorie per nutrire le cellule del nostro organismo attraverso nutrienti come proteine, lipidi, glucidi, sali minerali e vitamine. Di notte, invece, il sistema immunitario svolgendo regolarmente la sua funzione ci protegge dall’attacco delle cause di infiammazioni di ogni tipo; se a causa della presenza di una malattia infiammatoria cronica o di una malattia autoimmune tale difesa diventa “offesa”, ecco che la mattina appaiono i sintomi clinici della reazione infiammatoria notturna come tumefazione articolare e rigidità con dolore etc», spiega Cutolo. Ecco, perché, anche la somministrazione dei farmaci antiinfiammatori e immunosoppressivi con durata di azione breve dovrebbe seguire l’andamento dei ritmi circadiani, sostiene l’esperto: «Vanno assunti nel momento in cui può essere massima la loro efficacia. Un esempio classico è quello dei derivati del cortisone (i glucocorticoidi), che di solito vengono prescritti per la mattina, quando invece la malattia si è già scatenata di notte. Quindi, nei trattamenti cronici i glucocorticoidi dovrebbero essere disponibili a metà notte, quando l’organismo già produce cortisone endogeno, che però è basso a causa della cronicità della malattia. Se prescriviamo molti farmaci indicati per malattie con aumento notturno quindi tenendo conto dei ritmi circadiani, vorrà dire utilizzarne dosi minori, nell’interesse del malato».   

Anche le scelte alimentari vanno fatte seguendo i ritmi circadiani, suggeriscono gli esperti, seguendo il vecchio adagio popolare, che oggi ha a supporto prove scientifiche: una colazione da re, una pranzo da principe e una cena da povero. «L’alimentazione deve rientrare nella prevenzione primaria, cioè la prevenzione che si può fare ogni giorno prima della comparsa della malattia. I cibi che scegliamo possono alterare la chimica del nostro organismo. Oggi, ci sono evidenze che dicono che alimenti ricchi di Omega6 e di cloruro di sodio, il comune sale da cucina, esercitano potenziali azioni proinfiammatorie. Una dieta sbagliata si fa 365 giorni all’anno, ecco perché dovremmo essere più consapevoli di quello che portiamo in tavola, essendo anche consci dei ritmi con cui avvengono i processi metabolici», avverte il professor Cutolo.

Se non si seguono questi accorgimenti, anche il microbiota intestinale può risentirne. «Una delle sue funzioni primarie è quella di "educare" il sistema immunitario, ossia insegnargli non tanto cosa non attaccare ma cosa deve considerare buono per esplicitare le sue funzioni di difesa. Se questo processo viene meno, avremo il verificarsi di situazioni allergiche e di possibili malattie autoimmunitarie, cioè l’aggressione da parte del sistema immunitario di antigeni esterni non pericolosi, come avviene con gli alimenti, o addirittura di antigeni interni appartenenti al proprio organismo», spiega Marco Pignatti, dermatologo e presente al XXI Congresso Nazionale CReI per parlare appunto della relazione che lega microbiota, pisco-neuro-endocrino-immunologia (PNEI) e malattie autoimmuni.

«Già 25 anni fa, la PNEI ha dimostrato la grande connessione tra sistema neuropsichico, endocrino e immunitario scoprendo che ormoni, citochine e neurotrasmettitori sono sì messaggeri specifici di un sistema, ma sono anche un linguaggio comune alla maggior parte delle cellule del nostro organismo e che i tre sistemi dialogano incessantemente tra loro, dando il ruolo di direttore d’orchestra al microbiota e all’intestino». Tradotto con un esempio? «La serotonina uno dei principali "neurotrasmettitori" del nostro cervello, la cui carenza porta alla depressione, è prodotta al 90% da cellule dell'intestino, a partire da un aminoacido essenziale, il triptofano, che dobbiamo per forza assumere con il cibo e di cui alcuni batteri sono in grado di deciderne il destino prima dell'assorbimento».

Quali suggerimenti dare a chi è affetto da un’autoimmunità di tipo reumatico? «Un messaggio di speranza, prima di tutto. Se fino a qualche anno fa dicevamo loro che erano geneticamente predisposti alla malattia autoimmune ora sappiamo che è possibile modificare questa predisposizione grazie alle scoperte dell’epigenetica. Gli stimoli ambientali che derivano dal cibo sono quelli che più di tutti influenzano il microbiota intestinale», sostiene Pignatti. Purtroppo, però, c’è un problema di cui gli specialisti sono ben consapevoli: nel 70-80% dei casi sono le persone affette da una malattia a chiedere ai medici cosa mangiare per stare meglio e molte volte le loro risposte sono approssimative.

«Effettivamente è un problema a cui stiamo cercando di dare una soluzione», assicura Cutolo: «Insieme ai nutrizionisti, noi reumatologi abbiamo fatto il punto su 9 malattie reumatiche infiammatorie e autoimmuni nel recente Congresso Mediterraneo di Reumatologia svolto a Genova dal 12 al 14 aprile. Stiamo preparando i medici, non solo i reumatologi, ma anche quelli di medicina generale, ad avere sempre più competenze nel campo della nutrizione L’EULAR ora ci ha affidato la produzione di un modulo Educazionale su dieta e malattie reumatiche che sarà diffuso online sui siti educazionali». Così facendo, molte più persone saranno davvero preparate a dare consigli alimentari e magari circoleranno meno fake news in rete. «È quello che ci auguriamo», conclude Maurizio Cutolo.


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