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Vasculiti, remissione predittiva di mortalità e malattia renale a lungo termine

Una remissione precoce e sostenuta potrebbe fungere da predittore di mortalità e malattia renale allo stadio finale nel lungo termine in pazienti vasculiti ANCA-associate (AAV). E’ quanto sostiene uno studio patrocinato dalla European Vasculitis Society e pubblicato recentemente su Arthritis & Rheumatology

Razionale e obiettivi dello studio
Le vasculiti ANCA-associate sono caratterizzate da infiammazione necrotizzante dei piccoli vasi sanguigni, risultando letale se non viene opportunamente trattata, ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro.

Le due forme primarie di questo tipo di vasculiti sono rappresentate dalla granulomatosi con poliangite e dalla poliangite microscopica.

Fino ad ora, i trial clinici condotti su queste vasculiti sono ricorsi frequentemente alla valutazione della “remissione” o al riscontro di “recidive” come misure di outcome del trattamento testato, ma non esiste ancora un consenso su quale debba essere l’endpoint clinico da utilizzare in questi studi.

L’obiettivo del nuovo lavoro, pertanto, è stato quello di esaminare l’opportunità di utilizzare la risposta precoce al trattamento come endpoint, in modo da rendere disponibile una misura precoce di outcome negli studi clinici, migliorandone la qualità e, al contempo, abbreviandone i tempi di esecuzione.

Disegno dello studio
I ricercatori hanno considerato, retrospettivamente, i dati provenienti da 4 trial clinici condotti in pazienti con AAV, effettuati tra il 1995 e il 2002.

Quindi, hanno effettuato una valutazione dei parametri clinici all’inizio dello studio, dopo 3 e dopo 6 mesi per stimare il rischio di “morte o ESRF”.

Nel fare ciò, gli outcome a 6 mesi sono stati così definiti: 1) remissione sostenuta (remissione a 3 mesi e sostenuta fino a 6 mesi); 2) remissione tardiva (remissione dopo 3 mesi e a partire da 6); 3) malattia recidivante (remissione a 3 mesi ma ricaduta a 6); 4) malattia refrattaria (assenza di remissione a partire da 6 mesi).

Gli autori dello studio sono ricorsi, a questo punto, ad un modello matematico di Cox per mettere a confronto la probabilità di raggiungere l’endpoint composito di “morte o ERSF” per la remissione tardiva, la malattia recidivante e la malattia refrattaria vs. la remissione sostenuta.
 
Risultati principali
Su un totale di 354 pazienti, seguiti per 5,7 anni (valore mediano), 46 (13%) avevano sviluppato ESRF, 66 (18,6%) erano deceduti, mentre 89 (25,1%) erano andati incontro a morte o ESRF.

L’analisi di regressione logistica ha mostrato che, a 6 mesi, l’età (HR=1,02(1-1,05),  p=0.012), l’eGFR (HR=0,94(0,92-0,95), p=0,001), lo stato di malattia a 6 mesi vs. la condizione di remissione sostenuta - remissione tardiva (HR=2,94(1,1-7,85), p=0.031), malattia recidivante (HR=8,21(2,73-24,65), p=0.001) e refrattaria (HR=4,89(1,96-12,18), p=0.001) - erano in grado di predire l’endpoint composito di “morte o ESRF”. Ciò suggerisce che i pazienti categorizzati come “in remissione sostenuta” a 6 mesi sono i soli a non presentare un incremento del rischio di andare incontro a morte o ESRF.

Risultati simili, inoltre, sono stati documentati per le analisi di regressione logistica condotte per valutare, separatemente, i fattori predittivi di morte e ESRF.

Riassumendo
Pur ammettendo l’esistenza di limiti metodologici intrinseci al loro lavoro, come il disegno retrospettivo, “…i risultati ottenuti sono promettenti in quanto suffragano l’impiego dei dati a 3 e a 6 mesi come endpoint surrogato della mortalità e di ESRF a lungo termine – scrivono gli autori nella discussione dello studio”.

La conseguenza di tutto ciò è che avrebbe senso, in prospettiva, utilizzare dei marker surrogati di outcome a lungo termine nei prossimi trial clinici sulle AAV, abbreviandone i tempi di follow-up, senza compromettere la qualità dei dati ottenuti.

“Quanto osservato – argomentano i ricercatori – enfatizza la necessità di ricorrere ad opzioni terapeutiche ad insorgenza d’azione più rapida: in questo contesto, la plasmaferesi è attualmente oggetto di studio nell’AAV severa, mentre il ricorso alle immunoglobuline endovena o ai farmaci anti-TNF è già stato valutato per tale proposito. Da ultimo, vi sono dati recenti su nuovi farmaci, come l’inibitore del complemento avacopan, che hanno documentato, in fase 2, un effetto più rapido sull’attività di malattia rispetto alle opzioni convenzionali attualmente disponibili”.

E’ comunque opportuno, in questa fase, interpretare questi risultati con prudenza – raccomandano gli autori: “…la tossicità associata alla terapia può influenzare gli outcome a lungo termine e l’obiettivo del raggiungimento della remissione precoce, grazie ad un incremento dei trattamenti immunosoppressivi, deve essere valutato attentamente in base al rischio di tossicità dei farmaci impiegati”.

Nicola Casella

Bibliografia
Gopaluni S, et al “Effect of disease activity at three and six months on long-term outcomes in ANCA-associated vasculitis” Arthritis Rheum 2018; doi:10.1002/art.40776.
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