Terapia

Abatacept non influisce negativamente su vaccino pneumococcico

I pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) e sottoposti, a causa di questa malattia, al trattamento con abatacept, producono livelli ridotti di IgG in risposta al trattamento con il vaccino polisaccaridico pneumococcico 23-valente (PPSV23), a fronte di un sostanziale mantenimento della funzionalità della risposta anticorpale e, quindi, dell'efficacia del trattamento immunoprofilattico utilizzato.

Queste le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Arthritis Research & Therapy.

Come è noto, i pazienti affetti da malattie reumatiche autoimmuni sono maggiormente suscettibili allo sviluppo di complicanze infettive durante il corso di malattia. Il trattamento per l'AR, infatti, può indurre immunosoppressione ed aumentare il rischio di infezioni (2).

L'introduzione nella terapia dell'AR dei farmaci biologici ha rappresentato, indubbiamente, un passo in avanti nel trattamento di questa e di altre malattie reumatiche autoimmuni a fronte, tuttavia, di un incremento del rischio di infezioni associato al loro impiego (3).

Alcune infezioni possono essere prevenute grazie alle vaccinazioni che, se impiegate in modo appropriato, sono in grado di abbattere le complicanze infettive (4).

E' di fondamentale importanza, pertanto, determinare se i pazienti con AR in trattamento con farmaci biologici presentino una risposta ai vaccini nella norma.

Abatacept è una proteina di fusione costituita dalla porzione Fc della immunoglobulina G1 e dal dominio extracellulare dell'antigene 4 del linfocita T citotossico.

La molecola, disponibile in Italia per il trattamento dell'AR dal 2007, è un modulatore selettivo della co-stimolazione delle cellule T, che previene l'attivazione di queste cellule mediante blocco dei segnali di co-stimolazione richiesti per generare una risposta immunitaria alle proteine e agli antigeni peptidici.

Il requisito della co-stimolazione delle cellule T per la produzione di anticorpi IgG ad affinità elevata potrebbe avere alcune implicazioni sull'efficacia della vaccinazione pneumococcica.

E' noto in letteratura, però, come i polisaccaridi possano innescare risposte immunitarie in assenza di aiuto delle cellule T.
Inoltre, studi recenti condotti con i vaccini pneumococcici polisaccaridici hanno suggerito l'esistenza di una risposta immunitaria adeguata nei pazienti con AR. Questi studi, però, non includevano al loro interno l'esistenza di un gruppo di controllo.

Di qui il razionale del nuovo studio, un trial randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo, che ha valutato l'efficacia di PPSV23 nel ridurre l'insorgenza di polmonite in pazienti giapponesi affetti da AR.

A tal scopo, sono stati reclutati nel trial 35 pazienti in trattamento con un DMARD convenzionale, eccezion fatta per il metotressato (MTX) (gruppo di controllo); 55 pazienti in trattamento con MTX  e 21 pazienti in trattamento con abatacept e MTX.

I tre gruppi mostravano caratteristiche simili, eccezion fatta per l'età media del gruppo di pazienti trattati con abatacept che era significativamente più bassa rispetto al gruppo di controllo (59,8 vs 70,5 anni).

I pazienti reclutati nel trial sono stati randomizzati al trattamento sottocutaneo con 0,5 ml di PPSV23 o di placebo in corrispondenza di un braccio, nonché a prelievi ematici al momento della vaccinazione e dopo, rispettivamente, 4 e 6 settimane.

I ricercatori hanno fatto ricorso a test ELISA per valutare l'effetto del trattamento sui livelli di IgG sierotipo-specifiche pneumococciche prodotte dopo il vaccino. In particolare, è stata misurata la specificità delle IgG per i sierotipi 6B e 23F prima e dopo la vaccinazione.
 
Inoltre, sono stati condotti saggi opsonofagocitici (OPA) relativi ai sierotipi pneumococcici 6B e 23F, finalizzati alla misurazione della funzionalità anticorpale verso lo pneumococco. A tal scopo, i ricercatori hanno definito come indici di opsonizzazione (OI) le diluizioni del siero responsabili della soppressione del 50% dei batteri target, e convertito la conta delle colonie batteriche in OI.

Infine, i ricercatori hanno determinato l'entità della risposta anticorpale in magnitudo degli incrementi di concentrazione anticorpale (calcolate come rapporto tra i valori di concentrazione di IgG post-  e pre- vaccinazione). In base a questi criteri, una risposta anticorpale era definita positiva se portava ad un incremento di almeno 2 volte la concentrazione delle IgG o ad un incremento di almeno 10 volte gli OI.

I risultati dello studio hanno mostrato come, dopo la vaccinazione, le concentrazioni medie geometriche (GMC) degli anticorpi specifici diretti contro i sierotipi 6B e 23F erano aumentate in tutti i gruppi. Ciò nonostante, sono state documentate  ampie differenze nella magnitudo di induzione delle risposte GMC: nel caso dei sierotipi 6B, la risposta GMC post-vaccinale più elevata è stata documentata nel gruppo di controllo (2,38 volte) e nel gruppo trattato con MTX (1,75 volte) rispetto al gruppo trattato con abatacept (1,23 volte, incremento non statisticamente significativo).

Quanto agli OI post-vaccinazione, questi sono aumentati in modo significativo in tutti i gruppi considerati ma, a differenza dei risultati relativi alla risposta GMC contro il sierotipo 6B, non sono state documentate differenze, questa volta, nella magnitudo di induzione degli OI per entrambi i sierotipi (6B o 23F) tra i vari gruppi.

I tassi di risposta GMC, definiti come la percentuale di pazienti con una risposta anticorpale positiva, si sono ridotti in maniera significativa nei pazienti trattati con abatacept rispetto a quelli rilevati negli altri due gruppi, relativamente al sierotipo 6B. Tuttavia, considerando gli OI specifici per i sierotipi 6B e 23F, in questo caso, nel gruppo trattato con abatacept, è stato documentato un tasso di risposta anticorpale (positivo) equivalente agli altri gruppi.

“Dunque – spiegano gli autori – i risultati dello studio hanno mostrato come la risposta IgG a PPSV23 si sia ridotta nei pazienti trattati con AR. Ciò nonostante, la ridotta risposta IgG a PPSV23 non ha influenzato la risposta OI in questi pazienti (e, quindi, l'efficienza del trattamento vaccinale).”

Da ultimo, un'analisi per sottogruppi  ha messo a confronto i pazienti in trattamento combinato con abatacept e MTX rispetto a quelli trattati in monoterapia con un DMARD convenzionale o con MTX. I risultati di questa analisi hanno documentato che, mentre il tasso di risposta GMC era più basso nei pazienti sottoposti a terapia di combinazione, gli anticorpi prodotti in risposta alla vaccinazione con PPSV23 in questo gruppo sono risultati egualmente efficaci.

In conclusione, lo studio ha dimostrato come abatacept, anche in associazione a MTX (il cui impiego è stato associata ad una ridotta risposta immunitaria verso PPSV23) non influenza le risposte OI alla vaccinazione PPSV23 in pazienti affetti da AR.
I meccanismi alla base dell'influenza di abatacept (con o senza MTX) sulle risposte IgG non sono ancora noti e necessitano di approfondimento in nuovi studi.

Bibliografia
1. Migita K, et al "Effect of abatacept on the immunogenicity of 23-valent pneumococcal polysaccharide vaccination (PPSV23) in rheumatoid arthritis patients" Arthritis Res Ther 2015; DOI: 10.1186/s13075-015-0863-3.
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2. Falagas ME et al. Infection-related morbidity and mortality in patients with connective tissue diseases: a systematic review. Clin Rheumatol. 2007;26:663–70.
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3. Winthrop KL. Infections and biologic therapy in rheumatoid arthritis: our changing understanding of risk and prevention. Rheum Dis Clin North Am. 2012;38:727–45.
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4. Ferreira I et al. Vaccines and biologics. Ann Rheum Dis. 2014;73:1446–54.
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