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Reumatologia: Stisi "serve più appropriatezza organizzativa"

Durante la seconda giornata torinese di lavori del XIX Congresso Nazionale, il CReI, il Collegio dei Reumatologi Italiani, fa il punto su cosa non va nel sistema organizzativo e prescrittivo in Reumatologia.

Obiettivo: migliorare la qualità della vita dei malati reumatici, dando loro anche maggiore consapevolezza sulla terapia che stanno seguendo, e agire positivamente sui costi a carico della Sanità pubblica, riducendoli.

«L’evoluzione delle possibilità terapeutiche per la cura delle malattie reumatiche ha avuto inizio grazie all’inserimento in prontuario dei farmaci biotecnologici. Da quindici anni a questa parte, permettono una migliore qualità della vita a chi soffre di Artrite Reumatoide, Spondilite Anchilosante, Artrite Psoriasica, Lupus e Osteoporosi», dichiara il Presidente del CReI, Stefano Stisi. L’introduzione dei biotecnologi, però, ha avuto un impatto negativo sui conti dello Stato, tanto da assorbire lo 0,2% del Pil.

«Scaduto il brevetto di questi farmaci, altre industrie possono riprodurre la macro-molecola proteica originator, mettendo cioè in commercio i biosimilari a un prezzo inferiore, credendo di risparmiare». 

Ma il quadro, così, si complica. «E diventa ancora più intricato se ogni Regione chiede di adottare comportamenti terapeutici diversi. Questo atteggiamento non aiuta né i medici né i pazienti.  Ecco perché bisogna rendersi conto al più presto che il miglior trattamento possibile per i malati inizia da una appropriatezza organizzativa del sistema. I biosimilari sono da preferire, a parità di molecola, quando possibile, per i pazienti naive. Prescrizione che permette di dare maggiore accesso alle cure ai pazienti e ridurre la spesa farmaceutica.
Non può essere automatica la sostituibilità del farmaco da parte del farmacista. Cioè, non ci può essere lo shift automatico tra biotecnologici e biosimilari, e tra gli stessi biosimilari. La cura deve essere decisa dal reumatologo in accordo con il paziente», fa notare il Presidente Stisi.

«I Centri Prescrittori dei farmaci biotecnologici», aggiunge il Dottor Stefano Stisi, «hanno quindi bisogno di adottare quanto prima un comportamento adeguato, preciso, calzante e opportuno. Solo l’appropriatezza organizzativa può garantire ai pazienti l’accesso alle cure salvaguardando l’eguale diritto di tutti i cittadini italiani, oltre che evitare i danni disabilitanti delle patologie. Fatto possibile anche grazie a una terapia adeguata e soprattutto precoce».

Le raccomandazioni per un appropriato comportamento organizzativo e prescrittivo dei Centri ospedalieri territoriali e italiani suggerite dal CReI sono da adottare il prima possibile, affinché il sistema non collassi. «Ogni Centro deve dotarsi di un registro paziente, con un software dedicato. Con periodicità concordata, deve fornire una reportistica sui pazienti trattati e sui farmaci utilizzati. Se il regolamento è condiviso da tutti i medici del centro, anziché solo da alcuni, si può mettere in atto una prassi operativa comune. A beneficio di tutti», sottolinea il Dottor Stisi.

«Il Centro», continua il Presidente del CReI, «deve ottemperare a procedure condivise in rete – Hub e Spoke – tra ASL, Aziende Ospedaliere e Regione, per arruolare pazienti con l’obiettivo di favorire il controllo della spesa da parte degli organi amministrativi preposti. Deve, poi, essere inalienabile la libertà di scelta del medico sui farmaci. Il Centro deve rispettare il budget d’induzione di spesa, al fine di avere comportamenti prescrittivi responsabili e finalizzati al suo contenimento».

Inoltre, affinché il sistema possa dirsi davvero efficiente, si deve «lasciare libertà di scelta al medico, senza vincolarlo agli adempimenti burocratici: bisogna che siano separati gli atti di prescrizione – tipici del medico – da quelli erogativi – compito delle Farmacie e delle Amministrazioni», aggiunge il Presidente del CReI. «Prescrizione ed erogazione, però, sono momenti inscindibili del processo di cura e, proprio per questo, vanno evitati gli eventuali conflitti, risolvibili con regolamenti aziendali e regionali concordati tra le parti».

Infine, «lo specialista reumatologo operante sul territorio, e non ammesso dalla Regione alla prescrizione dei farmaci biotecnologici, deve essere partecipe alla rete d’assistenza. Nell’individuazione della cura e nel monitoraggio del proprio paziente affetto da una patologia reumatologica oggetto di trattamento con farmaci ad alto costo», conclude Stisi.

Anche l’Associazione regionale Malati Reumatici (A.Ma.R. Piemonte) condivide queste linee guida, chiedendo alle istituzioni di introdurle al più presto in tutti i centri reumatologi, ospedalieri e territoriali: «Oltre ad andare incontro a quella che è la politica europea, i benefici per i pazienti sarebbero tangibili», afferma il dottor Ugo Viora. «La scelta condivisa tra medico e paziente porterebbe a una maggiore responsabilizzazione del primo nel processo di cura, oltre a renderlo più informato. Fatto che, invece, oggi, per come stanno le cose, di cui lamenta la mancanza».
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