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Sindrome di Sjogren, stratificazione in base a sintomatologia identifica 4 sottogruppi di pazienti con risposta diversa alla terapia

La stratificazione dei pazienti con sindrome di Sjogren in 4 sottogruppi potrebbe determinare la prevalenza della sintomatologia e la presenza di risposte differenti al trattamento. Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicato su the Lancet Rheumatology, che potrebbe avere implicazioni importanti per il prossimo futuro in termini di gestione clinica, disegno dei trial clinici e sviluppo di nuove opzioni terapeutiche.

Razionale e disegno dello studio
Una sfida importante nello sviluppo di nuove opzioni terapeutiche per il trattamento della sindrome primaria di Sjogren (come di molte altre malattie infiammatorie immuno-mediate) è rappresentata dall'eterogeneità esistente nella presentazione clinica di questa malattia, presumibilmente da ascrivere a differenze esistenti relative ai meccanismi patogenetici molecolari sottostanti. Tale situazione, infatti, è responsabile, almeno parzialmente, della variabilità di risposta alle terapie esistenti.

“La medicina di precisione – spiegano i ricercatori nell'introduzione al lavoro – fa riferimento ad approcci per definire in modo ottimale la complessità e l'eterogeneità di malattia, allo scopo di allestire terapie personalizzate valide per popolazioni di pazienti appropriate”.

Nonostante i successi della medicina di precisione in oncologia, ancora oggi la sua applicazione in Reumatologia è allo stadio iniziale nella terapia delle patologie infiammatorie immuno-mediate.

I tentativi di approccio esistenti in materia si basano sull'identificazione di sottogruppi di malattia in base all'eterogeneità biologica.

“A differenza del cancro, però – spiegano i ricercatori – dove sono ben definiti sia gli endpoint clinici che il tessuto bersaglio della terapia, le manifestazioni cliniche di molte malattia infiammatorie immuno-mediate, compresa la sindrome di Sjogren, sono differenti e, per alcune manifestazioni cliniche (fatigue, dolore) non è spesso noto il tessuto bersaglio”.
“Di conseguenza – aggiungono – la relazione tra i pathway biologici alterati e la sintomatologia clinica è spesso difficile da stabilire”.

Questa eterogeneità, inoltre, crea problemi nel definire gli endpoint clinici appropriati con i quali misurare l'efficacia delle terapie nei clinical trial.

L'obiettivo di questo studio, pertanto, è stato quello di sviluppare un metodo robusto, dal punto di vista statistico, per stratificare i pazienti con Sjogren primario in base alla sintomatologia, e di correlare le differenze osservate alla patobiologia e alla risposta terapeutica.

I ricercatori hanno preso in considerazione i dati provenienti da pazienti con Sjogren primario residenti in un registro britannico apposito (the United Kingdom Primary Sjogren Syndrome Registry). I dati analizzati, relativi al triennio 2009-2011, soddisfacevano i criteri di classificazione 2002 dell'American European Consensus Group.
Su questa base di dati, gli autori dello studio hanno condotto un'analisi per cluster ad hoc, utilizzando 5 sintomi comuni associati con la sindrome primaria di Sjogren (dolore, fatigue, secchezza, ansia e depressione). A questa è seguita anche un'analisi di regressione logistica per identificare la presenza di sottogruppi di pazienti all'interno del registro.

Una volta identificati i sottogruppi, sono state valutate la differenze cliniche e biologiche di questi pazienti, compresa la presenza di differenze di pattern di trascrizione nel sangue periferico.

La stratificazione dei pazienti effettuata nei modi sopra indicati, poi, è stata sottoposta a validazione utilizzando i dati provenienti da 2 coorti indipendenti di pazienti norvegesi e francesi.

Infine, last but not least, i ricercatori hanno utilizzato i dati provenienti da trial clinici di fase 2 e fase 3 per determinare le differenze in termini di risposta al trattamento con idrossiclorochina e rituximab tra i diversi gruppi in studio.

Risultati principali
Dall'analisi dei dati relativi a 608 partecipanti al registro britannico, i ricercatori sono riusciti ad identificare l'esistenza di 4 sottogruppi: pazienti con “peso” ridotto della sintomatologia, pazienti con “peso” rilevante della sintomatologia, pazienti con secchezza dominante associata a fatigue e pazienti con dolore dominante associato a fatigue.

I ricercatori sono riusciti ad osservare l'esistenza di differenze significative tra sottogruppi in relazione a molti fattori nel sangue periferico, tra i quali la conta linfocitaria, la positività agli auto-antigeni A e B legati alla sindrome, la presenza di IgG sieriche, le concentrazioni di catene leggere libere k, le concentrazioni di microglobuline-β2 e quelle di chemokine (C-X-C motif) ligand 13. Non solo: i sottogruppi di pazienti identificati mostravano anche differenti pattern di trascrizione nel sangue periferico.

Lo studio non ha documentato l'esistenza di differenze statisticamente significative in termini di età, sesso, durata di malattia e indice EULAR di attività di Sjogren, confermando e validando tutti i risultati ottenuti nelle due coorti indipendenti.

Dopo aver analizzato i dati degli studi di fase 3 considerati, i ricercatori hanno osservato che, rispetto al placebo, i pazienti del sottogruppi con “peso” rilevante della sintomatologia mostravano una risposta al trattamento con idrossiclorochina. Inoltre, rispetto al plaebo, il sottogruppo di pazienti con secchezza dominante associata a fatigue ha risposto al trattamento con rituximab.

Valore aggiunto dello studio e implicazioni future
In conclusione, lo studio ha dimostrato l'esistenza di sottogruppi di pazienti con Sjogren primario e profili distinti di severità della sintomatologia, aspetti clinici e biologici e risposte terapeutiche.

Questo approccio alla stratificazione dei pazienti, basato sulla sintomatologia, non solo rappresenta un nuovo approccio alla medicina di stratificazione ma anche alla strategia originale basata sul legare la patobiologia alla sintomatologia, spesso poco compresa nella medicina clinica.

I dati ottenuti avranno implicazioni rilevanti sia per la ricerca, sia per la pratica clinica, sia per il disegno di nuovi trial che per lo sviluppo di nuovi agenti terapeutici.
In primo luogo, lo studio apre nuove prospettive nella ricerca sulla patogenesi di malattia. In secondo luogo, l'osservazione secondo la quale diversi sottogruppi di pazienti sembrano rispondere in modo differente all'idrossiclorochina e al rituximab potrebbe spingere a personalizzare il trattamento.

L'approccio basato sulla stratificazione dei pazienti in base alla sintomatologia è di facile e rapida esecuzione, e non richiede il ricorso ad analisi sofisticate di laboratorio.
Infine, la metodologia proposta per la stratificazione dei pazienti potrebbe avere un effetto sostanziale sul disegno dei prossimi trial clinici, in termini di stratificazione dei pazienti e di endpoint clinici corrispondenti, migliorando l'efficienza degli studi clinici e riducendo i costi associati allo sviluppo dei farmaci.

Nicola Casella

Bibliografia
Tarn JR et al. Symptom-based stratification of patients with primary Sjogren’s syndrome: multi-dimensional characterisation of international observed cohorts and reanalyses of randomised clinical trials. Lancet Rheumatol. 2019;1(2):PE85-94.
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