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Artrite reumatoide, rischio di tromboembolismo venoso raddoppiato rispetto a pazienti in remissione

I pazienti con artrite reumatoide (AR) sono a maggior rischio di tromboembolismo venoso, stando ai risultati di uno studio svedese pubblicato su ARD. Ciò di verifica, in particolare, se i pazienti presentano un’elevata attività di malattia.

La problematica affrontata nello studio non è nuova in quanto in letteratura sono già presenti studi che hanno suggerito l’esistenza di una relazione tra l’AR e il rischio di TEV. Vi è un dibattito, tuttavia, sulle ragioni alla base di questa relazione.
Per esempio, alcuni report hanno suggerito come l’infiammazione sistemica caratteristica dell’AR possa rilasciare fattori procoagulanti che potrebbero portare a danno endoteliale, ma non era noto, finora, il contributo dell’attività di malattia al rischio.
Per cercare di approfondire l’argomento, i ricercatori hanno analizzato i dati di un registro svedese che include informazioni relative a circa 52.000 pazienti con AR.

L’analisi ha identificato 322.601 visite ai reumatologi su 46.316 pazienti con AR dal 2006 al 2017.
I dati relativi a ciascun pazienti sono stati incrociati con quelli di 5 controlli del registro nazionale di popolazione svedese, incrociati per sesso di appartenenza, anno di nascita e luogo di residenza.
L’attività di malattia era classificata come “remissione” (DAS28 0-2,6), ridotta attività di malattia (DAS28 2,7-3,2), moderata attività di malattia (DAS28 3,3-5) o elevata attività di malattia (DAS28>5).

I pazienti avevano un’età mediana di 63 anni e tre su quattro erano di sesso femminile.

I risultati dello studio
Rispetto alla popolazione generale, il risk ratio aggiustato di TEV nei pazienti con AR è risultato pari a 1,88 (IC95%= 1,62-2,15).
Non solo: quello aggiustato di TEV nei pazienti con attività di malattia elevata è risultato praticamente pari al doppio (RR=2,03; IC95%= 1,73-2,38) rispetto ai pazienti con AR in remissione di malattia.

L’incidenza complessiva ad un anno di TEV nei pazienti con AR è stata pari a 0,71% vs. 0,36% per i controlli della popolazione generale. Considerando sia i casi che i controlli, l’incidenza di trombosi venosa profonda è stata pari quasi al doppio di quella dell’embolia polmonare, con una incidenza ancora più elevata nel sesso maschile e in tarda età.

I ricercatori hanno anche osservato che l’incidenza ad un anno di TEV aumentava con le categorie di attività di malattia più compromesse, salendo dallo 0,52% dei pazienti in remissione allo 0,63% dei pazienti con attività di malattia ridotta, allo 0,8 per quelli con attività di malattia moderata e all’1,08% per quelli con elevata attività di malattia.

Analizzando le singole componenti del punteggio DAS28 di attività di malattia, i risultati hanno mostrato un incremento dei valori di RR aggiustati in relazione ai punteggi più elevati.
Nello specifico:
-    Conta articolazioni tumefatte >3 (RR=1,55; IC95%= 1,38-1,74)
-    Conta articolazioni dolenti >4 (RR= 1,52; iC95%= 1,35-1,72)
-    VES > 22 mm/h (RR= 1,24; IC95%= 1,09-1,43)
-    PGA >50 (RR= 1,65; IC95%= 1,46-1,87)

Inoltre, punteggi più elevati di disabilità HAQ-DI sono risultati associati con un RR aggiustato di TEV nell’anno successivo pari a 1,48 (IC95%= 1,29-1,71).

Questa scoperta sottolinea l’associazione riconosciuta tra disabilità/immobilità e TEV.

I tassi di incidenza di TEV ad un anno sono stati pari al 7,8% nei pazienti con storia di TEV rispetto all’1% per quelli con anamnesi negativa, a suggerire che il significato clinico dell’elevata attività di malattia è molto più ampio in questo sottogruppo di pazienti e che la stratificazione del rischio di TEV in questo gruppo è di particolare importanza.

Da ultimo, considerando i sottotipi di TEV, i RR sono stati pari a 3,06 (IC95%=2,36-3,97) per l’embolia polmonare associata ad attività elevata di malattia vs. remissione, e a 1,59 (IC95%= 1,30-1,95) per la TVP associata ad elevata attività di malattia vs. la remissione.

Riassumendo
“In conclusione – scrivono gli autori dello studio – il nostro lavoro ha fornito evidenze dell’esistenza di una forte  associazione, insieme all’esistenza di differenze clinicamente rilevanti di rischio assoluto, tra l’attività di malattia misurata dal punteggio DAS28 e il rischio di TEV, che potrebbe essere utilizzata per la stratificazione del rischio clinico”.
Tra i limiti metodologici intrinseci dello studio, ammessi dagli stessi autori, si segnalano l’affidabilità dei dati su registro, che non ha fornito informazioni complete relative ad alcuni fattori di rischio come il fumo e il BMI.

Nicola Casella

Bibliografia
Molander V, et al "Risk of venous thromboembolism in rheumatoid arthritis, and its association with disease activity: a nationwide cohort study from Sweden" Ann Rheum Dis 2020; DOI: 10.1136/annrheumdis-2020-218419.
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