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"Fibro..che?": parte la campagna di sensibilizzazione promossa da AISF in occasione della Giornata Mondiale della Fibromialgia

Fibro..che? Diamo un volto alla fibromialgia”: questo il claim della campagna promossa dall'Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica (AISF Odv) con il contributo non condizionato di Alfasigma, in occasione della Giornata Mondiale della Fibromialgia che ricorre come ogni anno il 12 maggio. Cinque giovani donne, Roberta Guzzardi (rob_art_illustrazioni), Elena Tersicore Triolo (carotecannella), Cinzia Zenocchini, Ilaria Urbinati (ilaria_urbinati) e Maria Martini (mar_ameo), metteranno a servizio la loro arte (anche sui loro profili Instagram) per dare un volto a questa malattia, di cui soffrono più di italiani, in prevalenza donne, e di cui ancora troppo poco si parla.

Qual è lo scopo che vuole raggiungere, anche attraverso l’arte, questa iniziativa? «Aleggiano ancora tante credenze errate su questa patologia», premette Giusy Fabio, vicepresidente AISF, oltre che paziente fibromialgica: «L’obiettivo principe di questa campagna è al contempo quello di promuovere la consapevolezza medico-scientifica senza dimenticare quelli che sono gli emotivi e psicologici del vissuto dei pazienti attraverso i disegni delle illustratrici».

Ognuna delle illustratrici, il 12 maggio, pubblicherà sulla sua pagina Instagram la propria rappresentazione della patologia. Con tratti, stili, colori e impostazioni grafiche molto differenti tra loro, queste cinque ragazze mostreranno le diverse sfaccettature della sindrome fibromialgica. Malattia che può avere conseguenze piuttosto impattanti sulla qualità di vita di chi ne soffre. Si caratterizza infatti per una varietà di sintomi, tra cui dolore muscolo-scheletrico, fatica cronica, disturbi del sonno e alterazioni neuro-cognitive.

«I pazienti fibromialgici molto spesso non sono compresi e considerati, non solo da alcuni medici, ma anche dai propri familiari e da chi sta loro accanto», sottolinea Giusy Fabio.  «Tante volte perdiamo il lavoro, perché siamo senza tutele e questo, di conseguenza, ci porta a perdere anche la nostra dignità. Perché con una malattia come la fibromialgia, non sai più cosa potrai ancora fare, come e con quali sacrifici. La malattia si impossessa del corpo e della testa e, se non è accettata e compresa, ti distrugge”.

Oltre al notevole impatto sulla vita quotidiana, la sindrome fibromialgica è anche parecchio difficile da diagnosticare e spesso i pazienti si devono recare da numerosi specialisti impiegando molto tempo e denaro.

«La diagnosi è difficile perché manca un criterio biochimico o un esame di imaging efficace: bisogna ascoltare il paziente, raccogliere la sua storia clinica in relazione ai sintomi e valutare una diagnosi differenziale», specifica Piercarlo Sarzi Puttini, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Reumatologia ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano, Presidente dell’AISF- Odv. «Inoltre, per questa patologia, non è efficace il modello paternalistico in cui il medico fornisce la diagnosi e la terapia, senza spiegare niente al paziente. Questo va bene con la polmonite o altre forme acute. Lo specialista deve trasformare l’informazione passiva nell’educazione alla self-efficacy. Il paziente diventa esso stesso un combattente e sviluppa un percorso di autoefficacia».

#diamounvoltoallafibromialgia è l’hastag con cui è stata lanciata la campagna, che per tutto il mese di maggio mira a sensibilizzare la popolazione su questa malattia con una serie di infografiche che sintetizzano visivamente i numeri e le informazioni di base sulla patologia, oltre alla piattaforma web www.diamounvoltoallafibromialgia.it dell’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica su cui saranno raccolti tutti i contenuti: i disegni delle giovani illustratrici, le sezioni informative sulla patologia, la sintomatologia, la gestione terapeutica, i numeri dell’indagine Piepoli sulla carenza di conoscenza da parte della popolazione e i link all’associazione.

«Solo un terzo degli italiani, secondo la nostra indagine, conosce la fibromialgia, e solo uno su 10 ne dà una descrizione appropriata», spiega Livio Gigliuto, vicepresidente di Istituto Piepoli: «È prevalentemente conosciuta come malattia che “dà forti dolori” o “che colpisce” i muscoli. Tra coloro che la conoscono di più, c’è però una forte differenza di genere: sono in particolare le donne, con una prevalenza del 37 per cento rispetto al 25 per cento degli uomini, e soprattutto quelle dai 34 ai 45 anni e con titolo di studio alto a conoscere la malattia. Solo un uomo su quattro, infatti, sa cosa è la fibromialgia, e il livello di conoscenza crolla tra gli over 54 e i meno scolarizzati».
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