Terapia

Adalimumab, efficace nell'Ar anche nei non responder

Nei pazienti affetti da artrite reumatoide (Ar) la terapia prolungata con adalimumab (Humira, Abbott) ha portato a una riduzione duratura dell'attività della malattia in una considerevole percentuale di casi, anche nei soggetti già trattati senza successo con altri antagonisti del TNF alfa. Il dato emerge da un'analisi presentata in occasione dell'ultimo congresso EULAR, a Roma, effettuata nell'ambito dello studio ReAlise.

ReAlise è uno studio osservazionale di follow-up della durata di 5 anni, su pazienti con Ar che hanno partecipato in precedenza allo studio ReAct (M02-497) e ai quali è stato successivamente prescritto adalimumab. Obiettivo primario: raccogliere informazioni sull'uso a lungo termine e nella normale pratica clinica di adalimumab.

Per l'analisi presentata all'EULAR, gli autori hanno riesaminato gli outcome di ReAct, un trial di fase IIIb in aperto, che ha coinvolto 6.610 pazienti con Ar, durante il quale i partecipanti, pretrattati oppure no con altri agenti anti TNF-alfa (infliximab e/o etanercept), sono stati trattati con adalimumab per almeno 12 settimane.
L'80% circa dei partecipanti a questo studio erano donne con un'età media di 54 anni e con una diagnosi di artrite reumatoide da circa 10-12 anni. Inoltre, circa i tre quarti dei pazienti erano stati trattati in precedenza con farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD).

I dati erano disponibili per 3.205 pazienti naive agli anti-TNF e per 408 già trattati in precedenza. I valori medi di DAS 28 dello studio ReAct al basale erano rispettivamente 5,9 e 6,3. A 48 mesi, le riduzioni medie rispetto al basale sono state rispettivamente di 2,7 e 2,5 punti.
In quasi tutti i casi i pazienti hanno risposto alla terapia con adalimumab. Per esempio, dal mese 3 al mese 12, la percentuale di soggetti che hanno completato un anno di trattamento e hanno raggiunto una bassa attività di malattia (definita come un DAS 28 ≤ 3,2) è passata dall'11,9% al 31,8% nel caso dei pazienti naive agli antagonisti del TNF-alfa e dal 10,9% al 21,9% nei pazienti già trattati con questi biologici.

A 4 anni, i pazienti arrivati a una bassa attività di malattia sono stati il 55% nel primo gruppo e il 40% nel secondo. Rispetto ai pazienti non pretrattati con gli anti TNF, quelli già trattati in precedenza hanno raggiunto la condizione di bassa attività della malattia un po' più lentamente.

Gerd-Rudiger Burmester, della Charité-University Medicine di Berlino, autore della presentazione all'EULAR, ha fatto notare che nei pazienti pretrattati con infliximab o etanercept che avevano ancora punteggi del DAS 28 compresi tra 6 e 7, nonostante il trattamento con i due biologici, il passaggio ad adalimumab ha permesso di raggiungere valori di DAS 28 compresi tra 3 e 5, che si sono mantenuti fino a 4 anni.

Inoltre, lo switch al nuovo anti-TNF alfa è stato in genere ben tollerato e il profilo di tollerabilità è stato simile nei pazienti pretrattati con gli altri anti-TNF alfa.
La conclusione degli autori è che sebbene le risposte terapeutiche ad adalimumab siano state maggiori nei pazienti naive, anche molti pazienti che sono passati ad adalimumab dopo la sospensione della precedente terapia anti TNF-alfa sono arrivati a una bassa attività della malattia, sebbene più gradualmente. Dunque, ha suggerito Burmester, "lo switch da un antagonista del TNF che non ha funzionato a un altro anti-TNF alfa è una strategia efficace per la gestione dei pazienti con Ar difficili da trattare".

Low Disease Activity During 4 Years of Adalimumab Treatment for Patients With Rheumatoid Arthritis With and Without History of Other Tumor Necrosis Factor-Antagonist Therapies. Abstract THU0184
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