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Artrite reumatoide iniziale, individuata "la quaterna magica" di fattori predittivi di risposta al metotressato

Bassi livelli iniziali di proteina reattiva C (CRP) e leptina e livelli elevati di espressione del recettore 1 per il TNF e di VCAM-1 (molecola di adesione cellulare 1): è questa, stando ad uno studio di recente pubblicazione su The Journal of Rheumatology, la quaterna di fattori associata, in pazienti con AR all’esordio al riscontro di ridotta attività di malattia (LDA) dopo tre mesi di trattamento con metotressato. Se l’utilizzo di questo gruppo di marker biologici sarà validato, ci troveremmo presto ad avere a disposizione un utile complemento nella scelta della strategia di trattamento più appropriata nei pazienti con AR all’esordio.

Razionale e disegno dello studio
MTX, come è noto, viene raccomandato come trattamento di prima linea nella terapia dell’AR all’esordio.  “Ciò premesso, quasi il 60-70% dei pazienti non raggiunge la LDA – ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro – necessitando di un’ulteriore intensificazione del trattamento”.

Si comprende, pertanto, come un processo più accurato di identificazione dei pazienti che potrebbero trarre beneficio (o meno) dalla monoterapia con MTX potrebbe contribuire al raggiungimento di un approccio personalizzato e ad una scelta ottimale della terapia sin dalle prime fasi di malattia.

Il punteggio MBDA (the multibiomarker disease acrivity) è il risultato ottenuto da un test, attualmente disponibile sul mercato, che si basa sulla valutazione dei livelli sierici di 12 molecole di natura proteica: VCAM-1, EGF, VEGF, IL-6, TNF-R1, MMP-1 e MMP-3, glicoproteina ossea 39, leptina, resistina, livelli sierici di amiloide A e di CRP.

In letteratura esistono già studi che hanno documentato la capacità del punteggio MBDA di predire la progressione radiografica di danno articolare nel trial clinico SWEFOT (the Swedish Pharmacotherapy clinical trial). Inoltre, è stata anche documentata la capacità dei punteggi MBDA ridotti o elevati, rilevati a 3 mesi dall’inizio del trattamento con MTX, di predire la risposta ai DMARDcs e ai DMARDb di seconda linea, in pazienti non responder al trattamento con MTX.

L’obiettivo di questo studio è stato quello di approfondire le conoscenze sulle associazioni dei componenti individuali alla base del punteggio MBDA iniziale, con la risposta successiva al trattamento di prima linea con MTX.

A tal scopo, sono stati inclusi 298 pazienti con AR all’esordio, provenienti da un trial clinico (the Swedish Pharmacotherapy clinical trial). I ricercatori hanno analizzato i livelli sierici iniziali delle 12 proteine alla base del test MBDA, al fine di determinare se questi fossero associati con l’attività di malattia a 3 mesi dall’inizio del trattamento monoterapico con MTX.
L’attività di malattia è stata misurata mediante punteggio DAS-28. L’outcome primario dello studio era rappresentato dal raggiungimento dello stato di ridotta attività di malattia (LDA; DAS28 ≤3,2).

Risultati principali
Su 298 pazienti inizialmente reclutati, 104 hanno raggiunto la LDA dopo 3 mesi di terapia con MTX. Quattro biomarker su 12 [CRP, leptina, TNF-RI, e VCAM-1] sono stati in grado di predire in modo significativo il raggiungimento della LDA, dopo quanto emerso da un’analisi di regressione logistica.

L’analisi di discriminazione dei pazienti in base ai valori di cut-off dei biomarker in questione, individuati da una curva ROC, ha portato all’individuazione di proporzione più ampie di pazienti in LDA tra quelli con livelli più bassi di CRP o di leptina rispetto a quanto osservato in pazienti con valori più elevati dei due marker in questione (40% vs 23%, p = 0,004, e 40% vs 25%, p = 0,011, rispettivamente). Inoltre, sono state osservate percentuali più elevate di pazieni in LDA tra quelli con livelli più elevati di TNF-R1 o VCAM-1 rispetto a quanto osservato in pazienti con livelli più bassi dei due biomarker (43% vs 27%, p = 0,004 e 41% vs 25%, p = 0,004, rispettivamente).

Da ultimo, il punteggio combinato ottenuto dai 4 biomarker sopra indicati, aggiustato per alcuni predittori noti di LDA (fumo, sesso di appartenenza, età) è risultato associato a minori possibilità di raggiungimento della LDA (aOR 0,45; IC95%=0,32–0,62).

Punti di forza e di debolezza dello studio
Tra i punti di debolezza dello studio ammessi dagli stessi autori vi sono le dimensioni numeriche del campione di pazienti considerato e la natura post-hoc dello studio. Un altro limite riconosciuto riguarda la mancata disponibilità di valori stand di cut-off per i 4 biomarker indipendentemente associati con la risposta a MTX.

La determinazione di valori soglia ottenuta mediante analisi di curve ROC comporta, pertanto, che i valori soglia in questione vengano validati in un’altra coorte di pazienti affetta da AR.
Un punto di forza dello studio, invece, risiede nel disegno, in quanto sono stati reclutati pazienti con bias di selezione molto limitati, in condizioni pressochè prossime alla real life.

Da ultimo, l’inclusione di pazienti naive ai DMARD, affetti da AR all’esordio, ha reso possibile la valutazione dell’outcome di trattamento ascritta esclusivamente alla monoterapia con MTX (solo il 12% dei pazienti del campione era anche in trattamento con cortisone a dosi ridotte.

Nicola Casella

Bibliografia
Hambardzumyan K, Bolce RJ, Wallman JK, van Vollenhoven RF, Saevarsdottir S. Serum biomarkers for prediction of response to methotrexate monotherapy in early rheumatoid arthritis: results from the SWEFOT trial [published online February 1, 2019]. J Rheumatol. doi:10.3899/jrheum.180537
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