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Artrite reumatoide, è possibile predire le recidive di malattia anche in presenza di ridotta attività di malattia?

Stando ai risultati di uno studio pubblicato su Journal of Rheumatology, le recidive di artrite reumatoide (AR) sono frequenti anche nei pazienti con ridotta attività di malattia e si associano a peggioramento di quest’ultima, nonché ad una scarsa qualità di vita e a progressione radiografica di malattia. Lo studio ha anche documento la capacità dell’indice HAQ-DI di disabilità di malattia, al basale di predire (sia pure in maniera non stringente) le recidive di malattia, mentre la correlazione dei biomarker al tempo di recidiva suggerisce il coinvolgimento di una componente non infiammatoria nella maggior parte degli eventi di riacutizzazione di AR monitorati.

Razionale dello studio
“Le Linee Guida per il trattamento dell’artrite reumatoide (AR) hanno enfatizzato il ricorso ad un approccio “treat-to-target”, con l’obiettivo esplicito di raggiugere lo stato di “ridotta attività di malattia” (LDA) – ricordano i ricercatori nell’introduzione al lavoro. Tuttavia, l’attività di malattia nell’AR può essere soggetta a fluttuazioni ed è frequente il riscontro di episodi di peggioramento dell’attività di malattia, noti come recidive”.

“Nella pratica clinica – continuano i ricercatori – le recidive possono variare per durata, intensità e frequenza, e quasi la metà dei pazienti in remissione sperimentano una riacutizzazione di malattia entro due anni dal raggiungimento di questo stato di quiescenza di malattia. Ciò ha implicazioni cliniche importanti in quanto le recidive che si manifestano in pazienti con LDA si associano a progressione radiografica di malattia, deterioramento funzionale e peggioramento delle comorbilità CV”.

Predire gli episodi di recidiva di malattia, pertanto, è molto importante ai fini della pratica clinica: “Studi in letteratura – spiegano i ricercatori – hanno dimostrato che la disabilità funzionale (espressa dall’indice HAQ-DI) e la positività all’eco power Doppler (PDUS) iniziali sono indipendentemente associati con episodi di recidiva di malattia in pazienti con AR in remissione. Inoltre, una metanalisi ha dimostrato anche l’esistenza di un’associazione tra la positività alla PDUS e gli episodi di recidiva in pazienti con AR in remissione”.

La scoperta della positività all’eco power Doppler, nonostante la presenza di remissione clinica, fornisce un’evidenza del fatto che le recidive potrebbero essere legato ad un soppressione incompleta dello stato infiammatorio: “Sulla base di questa ipotesi – aggiungono i ricercatori – è stato ipotizzato che alcuni biomarker sierici (calprotectina, CXCL10), come pure il punteggio di attività di malattia multibiomarker (MBDA), possano essere in grado di diagnosticare la presenza di attività di malattia subclinica e, di conseguenza, essere predittivi di recidive di malattia.

Su queste premesse è stato allestito il nuovo studio si è proposto 3 obiettivi: 1) descrivere la frequenza di recidive in una coorte di pazienti con AR e LDA stabilizzata (inclusa la remissione di malattia) da almeno un anno; 2) esaminare il valore predittivo di un ampio spettro di marker biologici (includendo variabili cliniche, funzionali, sieriche e di imaging) di recidiva; 3) valutare l’effetto delle recidive in pazienti con LDA.

Disegno dello studio
La coorte di pazienti era costituita da 152 individui con punteggio DAS28 <3,2 da almeno un mese, e il 66% di questi soddisfaceva i criteri DAS28 di remissione di malattia (DAS<2,6).

I ricercatori hanno definito un episodio di recidiva come incremento del punteggio DAS28 superiore a 1,2 punti, rispetto al basale, o come incremento del punteggio DAS28 superiore a 0,6 punti rispetto al basale, in presenza di un punteggio concomitante DAS28 uguale o superiore a 3,2.

Inoltre, il 35% del campione (69 pazienti) era on trattamento monoterapico con un DMARD.

Risultati principali
Quasi un terzo dei pazienti con AR e LDA (30%; n=46) è andato incontro ad un episodio di recidiva di malattia nel corso di un follow-up della durata di un anno.

Limitando, invece, il computo delle recidive ai pazienti inizialmente in remissione, un paziente su 4 (25%; n=24) ha sperimentato un episodio di riacutizzazione di malattia.

I pazienti andati incontro ad episodio di recidiva di malattia, inoltre, hanno sperimentato un deciso peggioramento degli outcome clinici ad un anno rispetto a quelli in remissione sostenuta, come documentato da punteggi più elevati di attività di malattia, peggioramento degli outcome funzionali e punteggi più elevati di progressione radiografica di malattia.

Ad esempio, quelli andati incontro a recidiva mostravano un rischio triplicato di progressione erosiva, definita dalla nuova insorgenza o dall’approfondirsi di erosioni già esistenti a più di un anno, documentate mediante radiografia (HR=3,6; IC95= 2,77-4,67; p<0,01).

All’analisi multivariata è emerso che i valori al basale dell’indice HAQ-DI – una misura dell’attività funzionale che si riflette nella difficoltà di svolgimento delle attività quotidiane – si sono rivelati essere un predittore indipendente di recidive (HR=1,76; IC95%= 1,05-2,93; p=0,03).

I ricercatori hanno anche osservato che i marker biologici sierici correlavano, in modo non stringente, con il punteggio DAS28 al tempo di insorgenza della recidiva. Il punteggio DAS28 e le sue componenti sono risultati correlati in modo significativo con il punteggio MDAS e con i livelli di calprotectina al tempo di insorgenza della recidiva, ma i coefficienti di correlazione sono risultati bassi. Inoltre, due episodi di recidiva su 3 non sono risultati associati con un innalzamento dei livelli dei biomarker.

A questo riguardo, i ricercatori hanno ipotizzato che “…la causa di quanto osservato potrebbe dipendere dal fatto che un episodio di recidiva è definito dal peggioramento del punteggio composito DAS28, e che un incremento della conta di articolazioni dolenti e del punteggio PGA (valutazione globale del paziente) da solo potrebbero aumentare il punteggio DAS28 a livelli sufficienti per arrivare ad identificare un episodio di recidiva”.

“E’ possibile, pertanto – aggiungono i ricercatori – che un episodio di recidiva non sia solo il risultato di un’infiammazione sinoviale diretta ma possa essere trascinato da altri pathway biologici – ad esempio la cronicizzazione del dolore, dovuta a sensibilizzazione centrale e ad anomalie dei meccanismi regolatori. Questa eterogeneità, pertanto, potrebbe rendere conto, in parte, del perché sia difficile identificare dei predittori di recidiva”.

Le implicazioni cliniche
“Lo studio ha dimostrato come l’insorgenza di un episodio di recidiva di malattia sia un evento difficile da prevedere, anche se indubbiamente associato ad un peggioramento degli outcome clinici a 12 mesi – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro”.

Ciò suggerisce, secondo gli autori, l’esistenza di due possibili sottotipi distinti di recidiva di malattia: uno di tipo “infiammatorio”, guidato prevalentemente da un incremento della conta delle articolazioni tumefatte e dei valori della VES, e un sottotipo “non infiammatorio”, con un incremento sproporzionato della conta di articolazioni dolenti e da un punteggio PGA elevato.

“Pertanto – concludono i ricercatori – la differenziazione di questi due sottotipi di recidiva di malattia potrebbe agevolarne l’identificazione dei relativi predittori di insorgenza”.

Nicola Casella

Bibliografia
Bechman K et al. Flares in Rheumatoid Arthritis Patients with Low Disease Activity: Predictability and Association with Worse Clinical OutcomesJ Rheumatol. 2018 Sep 1.
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