Terapia

Artrite reumatoide, sospensione adalimumab compromette mantenimento outcome remissione

I risultati del trial ADMIRE, uno studio pilota pubblicato online sulla rivista RMD Open – Rheumatic & Musculoskeletal Diseases (1), hanno dimostrato come l'outcome “remissione” venga raramente mantenuto in pazienti con artrite reumatoide (AR) che sospendono il trattamento con adalimumab. Rispetto ai pazienti che hanno continuato la terapia di combinazione, la proporzione di pazienti con remissione sostenuta nel gruppo trattato solo con MTX è stata significativamente inferiore sia con riferimento all'endpoint primario che per la maggior parte degli endpoint secondari specificati.

Come è noto, I farmaci anti-TNF-alfa rappresentano una classe di farmaci di provata efficacia nel trattamento dell'artrite reumatoide (AR), essendo in grado di determinare un miglioramento degli outcomes clinici, funzionali e radiografici.

Il trattamento con questa classe di farmaci non è però del tutto esente da rischio, essendo il loro impiego legato ad eventi avversi dose-dipendenti, come l'incremento del rischio di infezioni e di tumori cutanei (2). Inoltre, non va trascutato l'impatto economico derivante dal loro impiego, stimato in circa 14.000 euro/paziente/anno. L'ottimizzazione d'impiego di questi farmaci rappresenta pertanto un must ed è oggetto attivo di ricerca negli ultimi anni.

Il trattamento dell'AR con i farmaci anti-TNF viene normalmente eseguito per un tempo indefinito.

Ciò, ricordano gli autori, è dovuto al fatto che gli studi relativi alla possibilità di interrompere il trattamento in quei pazienti che hanno raggiunto la remissione sono molto limitati e contraddittori e, presi nel complesso, si sono focalizzati principalmente su pazienti con malattia all'esordio piuttosto che in pazienti con AR di lungo corso.

Di qui l'obiettivo del trial ADMIRE, che si è proposto di valutare la possibilità di interrompere il trattamento con adalimumab in pazienti con AR di lungo corso, preservando, al contempo, la remissione clinica raggiunta grazie ad una terapia di combinazione che ha abbinato il farmaco anti-TNF con metotressato (MTX).

In questo studio, un trial randomizzato, multicentrico, in aperto, sono stati reclutati 31 pazienti con una durata mediana di malattia pari ad 8 anni e un trattamento con adalimumab da almeno 29 mesi (valore mediano). Tutti i pazienti inclusi nello studio erano trattati, al contempo, con MTX a dosaggi uguali o superiori a 10 mg/settimana.

I pazienti avevano un'età media di 61 anni ed erano in prevalenza di sesso femminile (2/3 sul totale). Inoltre, tutti mostravano sieropositività per il fattore reumatoide, mostravano una o più erosioni all'esame radiografico e dovevano essere in remissione stabile, indicata da un punteggio DAS28<2,6 da almeno 3 mesi.

I pazienti sono stati randomizzati, secondo un rapporto 1:1, a continuare il trattamento con adalimumab in associazione con MTX o a seguire un trattamento monoterapico con MTX per 52 settimane. Gli episodi di recidiva erano individuati da punteggi DAS28≥2,6 o da una variazione del punteggio DAS28 (ΔDAS28) of >1,2 rispetto al basale registrati per tutti i time point previsti.

Inoltre, i pazienti sottoposti a trattamento monoterapico con MTX dovevano riprendere il trattamento con adalimumab in presenza di un episodio di recidiva di malattia.

L'endpoint primario dello studio prevedeva la valutazione della proporzione di pazienti in remissione di malattia alla 28esima settimana dall'inizio del trial.

I risultati hanno documentato, a 28 settimane dall'inizio del trattamento, il mantenimento dell'outcome “remissione” nel 94% dei pazienti in trattamento con la terapia originaria di combinazione (15/16) e solo nel 33% dei pazienti che avevano interrotto il trattamento con adalimumab ed erano trattati con MTX (p=0,001).

Non solo: nelle prime 28 settimane, è stato documentato almeno un episodio di recidiva nel 50% dei pazienti in terapia di combinazione e nell'80% dei pazienti trattati con MTX. La differenza, però,
non è risultata statisticamente significativa (p=0,08).

Considerando, invece, il numero di pazienti in recidiva sulla base di una variazione del punteggio DAS28 (ΔDAS28) of >1,2 rispetto al basale, registrata per tutti i time point previsti, questo è stato maggiore nel gruppo trattato con MTX (53%; 8/15) rispetto al gruppo sottoposto a terapia di combinazione (6%; 1/16) (p=0,005).

Lo studio non ha documentato l'esistenza di variazioni funzionali significative o di evidenze di progressione radiografica di malattia in ambo i gruppi.

Tra i fattori individuati che sono stati associati alle recidive di malattia vi sono stati sia una maggior durata di malattia (10,9 anni vs 5,2 anni) che un tempo più lungo dalla diagnosi all'inizio del trattamento con adalimumab (8,5 vs 3 anni).

Quest'ultima osservazione suggerisce che un trattamento più precoce con il farmaco biologico potrebbe aumentare le possibilità per il paziente di rimanere in uno stato di remissione, anche se il numero ridotto di pazienti non consente di trarre conclusioni certe sui possibili fattori prognostici di mantenimento della remissione dopo sospensione del trattamento con adalimumab.

Nel complesso, 9 pazienti hanno ripreso il trattamento con adalimumab dopo un episodio di recidiva e 8 di questi sono andati in tal modo nuovamente in remissione entro 3 mesi, mentre il 9 durante l'ultima visita di follow-up.

Quanto alla safety, i 2 trattamenti (terapia di combinazione e monoterapia con MTX) sono risultati praticamente sovrapponibili in termini di incidenza di eventi avversi (AE).
Tra gli AE seri registrati, va ricordato un caso di frattura di femore nel gruppo sottoposto a trattamento di combinazione e casi singoli di melanoma maligno, pleurite e dolore toracico nel gruppo trattato con MTX.

Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno sottolineato la necessità di tener presente come la scelta delle definizioni di “recidiva”  e  di “remissione” possano avere un grande impatto nell'interpretazione dei risultati. A tal riguardo ricordano come la differenza tra i gruppi di trattamento della proporzione di pazienti che sperimentano un episodio di recidiva sia non statisticamente significativa quando la recidiva è definita sulla base di un punteggio DAS28>2,6 e statisticamente significativa quando si basa su  ΔDAS28 of >1,2 rispetto al basale (definizione più stringente). Di qui, secondo gli autori, la raccomandazione, per gli studi futuri, di considerare in modo attento le definizioni usate per generare ipotesi.

Quanti ai limiti dello studio, gli autori ricordano il disegno “in aperto” e il piccolo numero di pazienti considerato. Inoltre, non si può escludere che i risultati siano stati parzialmente viziati dalla presenza di un effetto nocebo (dove l'aspettativa di un paziente sulla nocività di un trattamento causa un peggioramento reale degli esiti di trattamento). Ciò potrebbe aver contribuito all'osservazione di un tasso più elevato di recidive nel gruppo che aveva interrotto il trattamento con adalimumab.

Nicola Casella

Bibliografia
1) Chatzidionysiou K, et al "A multicenter, randomized, controlled, open-label pilot study on the feasibility of discontinuation of adalimumab in established patients with rheumatoid arthritis in stable clinical remission" RMD Open 2016; DOI: 10.1136/rmdopen-2015-000133.
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2) Bongartz T, et al. Anti-TNF antibody therapy in rheumatoid arthritis and the risk of serious infections and malignancies: systematic review and meta-analysis of rare harmful effects in randomized controlled trials. JAMA 2006;295:2275–85
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