Malattie reumatiche

Bazedoxifene associato ad estrogeni coniugati si conferma valida alternativa all'uso di progestinici in menopausa

Dopo la pubblicazione dei risultati dello studio SMART-4 nel giugno 2013 (1), un nuovo studio di fase III randomizzato e controllato conferma il buon profilo di efficacia e sicurezza di bazedoxifene (BZA, Conbriza, Pfizer) in associazione a estrogeni coniugati (EC) nella prevenzione dell’iperplasia endometriale e dell’osteoporosi in donne in postmenopausa (2).

SMART-5 – questo il nome del nuovo studio, acronimo di ‘Selective estrogens, Menopause, And Response to Therapy’- è stato da poco pubblicato su The Journal of Clinical and Endocrinology & Metabolism (2).
Bazedoxifene appartiene alla terza generazione di modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni (SERM). A differenza della terapia ormonale tradizionale, i SERM agiscono da agonisti solo a livello osseo, senza mostrare alcuna attività a carico di seno e utero; un grosso vantaggio dal momento che questo meccanismo d’azione sembra non favorire l'incidenza di tumori.

Gli sperimentatori americani, attraverso questo trial clinico, hanno valutato la sicurezza a livello endometriale e l’effetto sulla densità minerale ossea (BMD) di BZA/EC rispetto a: (i) BZA in monoterapia, (ii) terapia ormonale sostitutiva (estrogeni coniugati/medrossiprogesterone acetato, EC/MPA) e (iii) placebo.

Alto il numero di partecipanti: 1843 donne in postmenopausa con utero conservato ed età compresa fra i 40 ed i 65 anni, intenzionate ad assumere un trattamento per contrastare i sintomi della menopausa.
Le partecipanti hanno quindi ricevuto: BZA 20 mg/estrogeni coniugati 0,45 mg o 0,625 mg, BZA in monoterapia, EC 0,45 mg/MPA 1,5 mg, oppure placebo.

Gli endpoint primari erano l’incidenza di iperplasia dell’endometrio e la variazione percentuale rispetto al basale della BMD lombare dopo 12 mesi di trattamento. Gli endpoint secondari includevano, invece, ulteriori parametri atti a valutare lo stato di salute dell’osso (biomarcatori del turnover cellulare), nonché la tollerabilità e la sicurezza di BZA/EC rispetto agli altri bracci di trattamento e a placebo.

Dopo 12 mesi dall’inizio del trattamento l’incidenza di iperplasia dell’endometrio era bassa (<1%) e simile nei vari gruppi.
Il gruppo di pazienti trattato con BZA ed estrogeni coniugati aveva mostrato un aumento molto significativo della densità minerale ossea a livello lombare; nei pazienti trattati con placebo questo parametro si riduceva (p<0,001). Tuttavia il gruppo trattato con EC/MPA aveva ottenuto un aumento più significativo della BMD lombare rispetto al gruppo sottoposto a BZA/EC (p<0,05).

Quanto ai marcatori del turnover cellulare, i 2 gruppi di pazienti trattati con BZA/EC avevano mostrato a 12 mesi un riduzione significativa rispetto al baseline dei livelli sierici di telopeptide C e propeptide N-terminale del procollagene-1 rispetto a placebo (p<0,001 per tutti i gruppi e biomarcatori). Riduzioni significative erano state osservate già a 3 e 6 mesi.

Per quanto riguarda l’amenorrea, non sono state complessivamente osservate differenze statisticamente significative fra BZA/EC (per entrambi i dosaggi di EC), placebo e BZA da solo. Ciascuno di questi gruppi aveva tuttavia riportato un’incidenza di amenorrea superiore rispetto ai pazienti trattati con EC/MPA (p<0,001).

Anche la dolorabilità al seno era simile nei 3 gruppi ma significativamente maggiore rispetto al gruppo trattato con EC/MPA (p<0,01).
Per contro, sebbene l’incidenza di eventi avversi fosse simile nei vari gruppi di trattamento, nel gruppo di pazienti sottoposti a EC/MPA si è verificato un numero di eventi avversi seri superiore, che hanno portato alla sospensione del trattamento. In particolare, EC/MPA aveva causato una maggiore frequenza di dolorabilità al seno (p=0,006), dolore pelvico (p<0,001), ed emorragie vaginali (p<0,001) rispetto agli altri gruppi.

In conclusione, BZA 20 mg in associazione a 0,45 o 0,625 mg di estrogeni coniugati ha mostrato una maggior protezione dell’endometrio dal rischio di iperplasia, effetti positivi sulla densità minerale ossea sebbene numericamente inferiori rispetto a quelli visti con EC/MPA, una riduzione massiccia dei marcatori del turnover cellulare e, complessivamente, un profilo di sicurezza/tollerabilità favorevole nelle donne in menopausa dopo 12 mesi di trattamento, con una incidenza significativamente ridotta di perdite ematiche e dolorabilità al seno rispetto a EC/MPA.

Precedenti studi ne avevano dimostrato l’efficacia nel contrastare sintomi vasomotori e atrofia vulvare/vaginale, lasciando inalterata la densità del seno alla mammografia. Questi nuovi risultati, assieme ai precedenti, suggeriscono che “BZA/EC è una terapia nuova, sicura e promettente per le donne in postmenopausa con utero intatto, che cercano un trattamento per i sintomi delle menopausa e la prevenzione della perdita ossea”, spiega la dr.ssa JoAnn Pinkerton dell’Università della Virginia, primo autore del paper.

Questo nuovo farmaco “potrebbe offrire particolari vantaggi per quelle donne che ritengono la sicurezza dell’endometrio una preoccupazione chiave e per quelle che non vogliono intraprendere una terapia a base di progestinici”, concludono gli autori.

Bazedoxifene associato ad estrogeni coniugati è stato approvato dall’FDA nell’ottobre 2013 e sarà presto commercializzato negli USA con il nome di DUAVEE. In Europa la combinazione delle due molecole è in fase di revisione dal luglio 2012, sebbene bazedoxifene sia approvato dal 2009 per il trattamento dell’osteoporosi.

Francesca Sernissi

Riferimenti
1.    Mirkin S et al. Effects fo bazedoxifene/conjugated estrogens on endometrial safety and bone in postmenopausal women. Climacteric 2013; 16(3): 338-346.
2.    Pinkerton JV, Harvey JA, Lindsay R, Pan K, Chines AA, Mirkin S, Archer DF; SMART-5 Investigators. Effects of bazedoxifene/conjugated estrogens on the endometrium and bone: a randomized trial. J Clin Endocrinol Metab. 2014 Feb;99(2):E189-98.

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