Malattie reumatiche

Dopo lo stop ad alendronato, scansioni DXA ripetute non predittive delle fratture

L’esecuzione di diverse scansioni DXA (dual-energy X-ray absorptiometry) dopo la sospensione del trattamento con bifosfonati non migliora la capacità di prevedere la fratture cliniche nelle donne in post-menopausa che hanno interrotto la terapia con alendronato dopo 4-5 anni. È quanto emerge dallo studio FLEX, un trial di fase III del quale sono appena stati pubblicati su JAMA Internal Medicine i risultati più aggiornati.

Nello stesso studio, l'età e la densità minerale ossea (BMD) a livello dell’anca al momento della sospensione del bifosfonato si sono dimostrati, invece, più predittivi di fratture cliniche durante i successivi 5 anni.

Stando agli ultimi risultati del trial, anche le scansioni DXA eseguite un anno dopo la sospensione o le misurazioni de marker di turnover osseo effettuate nell’intervallo compreso tra uno e 2 anni dopo la sospensione non sembrano aggiungere informazioni utili al quadro clinico.

Lo studio FLEX (Fracture Intervention Trial Long-term Extension) è un trial randomizzato che ha coinvolto donne in post-menopausa di età compresa tra 61 e 86 anni trattate in precedenza per 4-5 anni con alendronato e quindi assegnate in modo casuale al trattamento con alendronato per altri 5 anni o placebo dal 1998 al 2003. L’analisi ora pubblicata su Jama si riferisce solo ai risultati ottenuti nel gruppo placebo.

Gli autori del lavoro, guidati da Douglas C. Bauer, della University of California di San Francisco, hanno effettuato le scansioni DXA all’inizio del trattamento col placebo e dopo uno e 3 anni di follow-up, oltre ad aver misurato due marker specifici di turnover osseo: il telopeptide N-terminale cross-linkato del collagene di tipo 1 (NTX) e la fosfatasi alcalina specifica dell’osso (BAP).

Una DXA minore a livello dell’anca al momento della sospensione della terapia con alendronato è risultata correlata in modo significativo a un aumento del rischio di fratture: l'hazard ratio di fratture per le pazienti nel terzile più basso della DXA del collo del femore al basale è risultato pari a 2,17 rispetto alle pazienti dei due terzili superiori (IC al 95% 1,38-3,41) mentre per l’anca in toto l’hazard ratio corrispondente è risultato pari a 1,87 (IC al 95% 1,20-2,92).

"Abbiamo scoperto che dopo l'interruzione della terapia con alendronato per 4-5 anni, il 22% delle donne ha subito una frattura nei successivi 5 anni” scrivono gli autori. Inoltre, 82 donne su 437 hanno subito una o più fratture sintomatiche dopo un anno dalla sospensione.

'L’età avanzata e una bassa BMD al momento della sospensione sono risultate fortemente predittive del rischio di frattura dopo l'interruzione del bifosfonato, ma né le variazioni della BMD a livello dell'anca dopo un anno, né le variazioni dopo un anno e 3 anni dell’NTX e della BAP sono risultate associate al rischio di frattura dopo la sospensione" aggiungono Bauer e i suoi colleghi.

“Le donne con una maggiore perdita di osso a livello dell’anca in toto 2 o 3 anni dopo la sospensione potrebbero essere a rischio aumentato di fratture, ma questi risultati devono essere confermati da altri studi prima di poter raccomandare una misurazione di routine della BMD dopo l'interruzione della terapia con alendronato" affermano i ricercatori.

In base a questi dati, quindi, i medici dovrebbero tenere sotto controllo le donne anziane che presentano una bassa BMD al momento della sospensione del bifosfonati. Questi agenti sono prescritti di frequente alle donne osteoporotiche per la prevenzione delle fratture, in virtù del loro effetto ben documentato sul turnover osseo e sulla BMD.

Lo studio è il primo ad aver valutato l’utilità di misurazioni ripetute della BMD e dei marker di turnover osseo dopo la sospensione della terapia con bifosfonati e suggerisce che questi test potrebbero non essere utili. Tuttavia, il numero di fratture durante il follow -up è stato relativamente basso e gli autori fanno notare che lo studio aveva un potere limitato di rilevare associazioni significative.

Nell’editoriale di commento, Margaret L. Gourlay (della University of North Carolina di Chapel Hill) e Kristen E. Ensrud (della University of Minnesota di Minneapolis) scrivono che "in un'epoca in cui si sa molto di più sul come iniziare la terapia con alendronato che non sul come interromperla, i risultati di Bauer e colleghi suggeriscono che l'identificazione delle pazienti ad alto rischio di fratture dopo la sospensione del trattamento si ottiene meglio con la misurazione della BMD al momento dello stop che non con un monitoraggio frequente nel breve termine della BMD o dei marker di turnover osseo dopo la sospensione del trattamento”.

Le due esperte raccomandano, inoltre, l’esecuzione di studi più a lungo termine per determinare la strategia clinica migliore per la gestione delle pazienti che restano ad alto rischio di frattura dopo la sospensione della terapia con bifosfonati.

D.C. Bauer, et al. Fracture Prediction After Discontinuation of 4 to 5 Years of Alendronate Therapy. The FLEX Study. JAMA Intern Med. 2014; doi:10.1001/jamainternmed.2014.1232.
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Alessandra Terzaghi


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