Terapia

Lupus, delude in fase II/II il nuovo anti-cellule B atacicept

Atacicept, un nuovo agente biologico che agisce contro due fattori di regolazione delle cellule B non ha centrato l'endpoint primario in uno studio di fase II/III durato un anno su pazienti con lupus eritematoso sistemico moderato-grave. Il lavoro, coordinato da David Isenberg, dello University College di Londra, è appena stato pubblicato online su Annals of the Rheumatic Diseases.

Non si sono viste differenze significative tra atacicept al dosaggio più basso dei due testati (75 mg) e placebo per quanto riguarda il tasso di riattivazioni o il momento di comparsa della prima riattivazione. Infatti, il tasso di riattivazioni è risultato del 58% nel braccio atacicept 75 mg contro 54% nel braccio placebo (OR 1,15; IC al 95% 0,73-1,80; P = 0,543).

I risultati ottenuti con il dosaggio più alto (150 mg) suggeriscono, invece, un possibile beneficio: in questo caso, infatti, il tasso di riattivazioni è risultato del 37% nel braccio atacicept 150 mg contro il 54% del gruppo placebo (OR 0,48; IC al 95% 0,30-0,77; P = 0,002).

Tuttavia, segnalano gli autori, due pazienti del gruppo atacicept 150 mg sono deceduti per un’infezione e "non si può escludere un ruolo attivo di atacicept”.

Visto il ruolo preminente svolto dalle cellule B nella patogenesi del lupus, compresa la produzione di autoanticorpi e la secrezione di citochine, la ricerca sta facendo sforzi notevoli per sviluppare terapie mirate contro questi linfociti.

L’anticorpo monoclonale che ha come target lo stimolatore dei linfociti B (BLyS) belimumab (Benlysta) è stato approvato sia in Europa sia negli Stati Uniti sulla base dei risultati di studi di fase III.

Come belimumab, anche atacicept blocca BLyS, una citochina che stimola la proliferazione e la differenziazione dei linfociti B, ma colpisce anche un ligando che induce la proliferazione di questi linfociti, chiamato APRIL, e quindi "potrebbe essere più potente rispetto al blocco del solo BLyS e ha il vantaggio di colpire anche le plasmacellule longeve in aggiunta alle cellule B" scrivono Isenberg e icolleghi.

"C'è un forte razionale scientifico per ritenere che le terapie dirette conto le cellule B possano essere utili nel lupus. Questo razionale si basa su osservazioni cliniche fatte in varie casistiche e in diversi studi controllati su vari agenti" ha detto il coautore David Wofsy, dell'Università della California di San Francisco.

Per testare l'efficacia e la sicurezza nel lupus di questo nuovo agente, i ricercatori hanno arruolato 455 pazienti considerati a rischio di riattivazione e li hanno divisi in tre gruppi, trattandoli con atacicept 75 mg o atacicept 150 mg sottocute o placebo due volte alla settimana per il primo mese e poi una volta al mese per 48 settimane, più i farmaci di fondo.

Le riattivazioni sono state valutate secondo i criteri dell’Isles Lupus Assessment Group. L’età media dei pazienti era di 39 anni e oltre il 90% erano donne.


Al momento in cui l’arruolamento nel braccio 150 mg è stato sospeso, già 62 pazienti avevano completato l’anno di trattamento e questi pazienti sono stati poi analizzati separatamente.

I dati in questo gruppo sono simili a quelli osservati nella popolazione intent-to-treat; infatti, anche in questo caso non si è osservato alcun beneficio rispetto al placebo con la dose più bassa di atacicept, mentre si sono viste differenze significative nei tassi di riattivazione tra atacicept 150 mg e placebo (43% contro il 60%; OR 0,49 IC al 95% 0,26-0,92; P = 0,027).

Inoltre, atacicept 75 mg non ha ritardato in modo significativo la prima riattivazione (endpoint secondario dello studio; HR 0,98; IC al 95% 0,69-1,40; P = 0,929) mentre atacicept 150 mg sì (HR 0,56; IC al 95% 0,36-0,87; P = 0,009).

I sistemi d'organo con le diminuzioni più marcate delle riattivazioni sono risultati quello muscolo-scheletrico e quello muco-cutaneo.

Durante lo studio si sono osservate anche variazioni dei marker sierologici. Per esempio, i livelli di IgG sono diminuiti del 30% nel gruppo 75 mg e del 38% nel gruppo 150 mg, a fronte di un aumento del 3% nel gruppo placebo e anche gli anticorpi anti-DNA a doppio filamento sono diminuiti del 31% e 38% nei gruppi in trattamento attivo, mentre sono aumentati del 14% tra i controlli.

La maggior parte degli eventi avversi sono stati lievi o moderati. Più dell’80% dei pazienti ha segnalato almeno un evento avverso e i più comuni sono risultati le infezioni delle vie respiratorie superiori e il mal di testa.

Gli eventi avversi gravi più comuni sono stati infezioni e infestazioni, e ci sono stati 10 casi di polmonite, di cui due nel gruppo placebo, cinque nel gruppo 75 mg e tre nel gruppo 150 mg.

Le infezioni gravi osservate in questo studio sono simili a quanto già visto negli studi su atacicept nell'artrite reumatoide, in quelli su belimumab e in uno studio su rituximab nel lupus.

Secondo gli autori, i risultati suggeriscono che i fattori che contribuiscono alle morti osservate nello studio potrebbero comprendere la malattia di base, la terapia con steroidi e ritardi nella diagnosi e nel trattamento.

"Nonostante la sospensione anticipata del braccio atacicept 150 mg, resta un forte sospetto che la dose più alta di atacicept fosse efficace" scrivono gli autori.

"Tuttavia, restano alcune importanti domande senza risposta riguardo alle terapie dirette contro le cellule B, per esempio quale sia la loro efficacia in pazienti con manifestazioni più gravi quale dei diversi approcci anti-cellule B abbia il rapporto rischio-beneficio più favorevole” ha ammonito Wofsy, che stato in passato presidente dell’American College of Rheumatology.

"Fino a quando queste domande non avranno risposta, non potremo dire se atacicept potrà avere o meno un ruolo nel trattamento del lupus" ha aggiunto l’esperto.

D. Isenberg, et al. Efficacy and safety of atacicept for prevention of flares in patients with moderate-to-severe systemic lupus erythematosus: 52-week data (APRIL-SLE randomized trial). Ann Rheum Dis 2014; doi: 10.1136/annrheumdis-2013-205067.
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