Terapia

Minor mortalità CV con ridotti livelli di acido urico

L'abbassamento dei livelli plasmatici di acido urico nei pazienti che presentano iperuricemia si associa in modo significativo a una riduzione della mortalità per cause cardiovascolari. A sostenerlo è una ricerca della China Medical University di Taiwan, presentata all'ultimo meeting annuale dell'ACR.
Durante il periodo dello studio, nei pazienti iperuricemici trattati con farmaci in grado di ridurre i livelli di urato come l' allopurinolo si è osservata una riduzione del 44% delle morti legate a una cardiopatia e del 58% di quelle dovute ad ictus (P < 0,001 in entrambi i casi).
I pazienti che presentano livelli elevati di uricemia dovrebbero essere trattati più aggressivamente e in modo più continuativo di quanto ritenuto in precedenza" ha detto Jiunn-Horng Chen durante la presentazione dei dati. "E questo non solo per prevenire la comparsa della gotta, ma anche ai fini della prevenzione cardiovascolare".

Dato che diversi studi hanno evidenziato un legame tra alti livelli plasmatici di acido urico e malattia cardiovascolari, i ricercatori cinesi hanno voluto verificare tramite uno studio prospettico di coorte se la riduzione dell'uricemia mediante farmaci ipouricemizzanti, principalmente l'allopurinolo e il benzbromarone (introdotto in commercio in Italia nel 1976 e ritirato nel 2003 per problemi di epatotossicità) potesse avere un impatto sulla mortalità cardiovascolare.
Hanno perciò incrociato i dati di un grosso database taiwanese relativi a 45.215 persone (di cui 20.677 uomini e 24.538 donne) con quelli del registro nazionale sulle morti per cause cardiovascolari, alla ricerca dei possibili legami tra iperuricemia, trattamento con farmaci ipouricemizzanti e malattie cardiovascolari, aggiustando i dati in funzione di una serie di variabili cliniche e demografiche.
Dopo un follow-up medio di 11,26 anni, si sono avuti 519 decessi per cause cardiovascolari (di cui 308 tra gli uomini e 211 tra le donne.

L'analisi multivariata ha mostrato un effetto preventivo significativo della terapia ipouricemizzante sulla mortalità cardiovascolare e su quella da ictus, con un hazard ratio pari rispettivamente a 0,56 (IC al 95% 0,46-0,70) e 0,42 (IC al 95% 0,29-0,59).
L'effetto protettivo complessivo della terapia sulla è stato più evidente per quanto riguarda le morti da ictus emorragico (HR 0,12; IC al 95% 0,05-0,28; P < 0,001) e quelle legate a ipertensione (HR 0,29; IC al 95% 0,13-0,63; P = 0,003).
Inoltre, nei pazienti che hanno continuato il trattamento per più di un anno è stato evidenziato un rischio di sviluppare malattie cardiovascolari molto inferiore rispetto a quelli trattati per meno di 2 mesi .
Gli autori concludono dunque che la terapia ipouricemizzante dimostra un effetto preventivo sulla mortalità cardiovascolare.

Un risultato analogo è stato ottenuto con la colchicina in uno studio dell'Università di New York su pazienti affetti da gotta, in cui il trattamento col farmaco si è associato a una riduzione degli eventi cardiovascolari.

Michael Pillinger, uno degli autori del lavoro, ha fatto notare che negli Stati Uniti la valutazione di routine dei livelli di acido urico è stata finora discontinua, ma le crescenti evidenze di un legame tra iperuricemia o gotta e rischio cardiovascolare dovrebbero portare all'inclusione di questo esame nell'iter diagnostico.

Chen J-H, et al. Effects of urate lowering therapy on cardiovascular mortality: a Taiwanese cohort study. ACR 2010; Abstract 2088

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