Malattie reumatiche

Raccomandazioni Eular su gestione non-farmacologica dell'OA di anca e ginocchio

Con una pubblicazione online ahead-of-print sulla rivista Annals of Rheumatic Diseases, l'EULAR ha reso note 11 raccomandazioni per la gestione non-farmacologica dell'artrosi dell'anca e del ginocchio. 

Allo studio hanno partecipato: Linda Fernandes, Kåre B. Hagen, Johannes W.J. Bijlsma, Oyvor Andreassen, Pia Christensen, Philip Conaghan, Michael Doherty, Rinie Geenen, Alison Hammond, Ingvild Kjeken, Stefan Lohmander, Hans Lund, Christian D. Mallen, Tiziana Nava, Susan Oliver, Karel Pavelka, Irene Pitsillidou, José Antonio da Silva, Jenny de la Torre, Gustavo Zanoli, Theodora P.M. Vliet Vlieland.

Le raccomandazioni EULAR sono il risultato del lavoro di una task force multidisciplinare di 21 esperti di dieci Nazioni, così rappresentate da diverse figure professionali: infermieri, terapisti occupazionali, fisioterapisti, reumatologi, chirurghi ortopedici, medici di medicina generale, psicologi, dietologi, epidemiologi clinici, pazienti.

Il documento, risultato di una ricerca sistematica della letteratura ottenuta da Medline e da altre otto banche dati biomediche effettuata attraverso un sistema Delphi, ha anche effettuato una classificazione della forza dell'evidenza clinica disponibile sull'argomento. Il risultato di questo lavoro di valutazione della letteratura disponibile ha consentito la messa a punto di undici raccomandazioni evidence-based per la gestione non-farmacologica dell'OA di anca e ginocchio.

Le raccomandazioni EULAR hanno sviluppato la gestione non farmacologica dell’artrosi di anca e ginocchio grazie ad un team di esperti tra cui i pazienti stessi. Questa presenza ha consentito di analizzare in modo particolare il concetto di disabilità ed handicap, non solo in senso terminologico, ma grazie al supporto della letteratura sono state valutate le conseguenze dell’artrosi sullo stato di salute della persona.
Focalizzarsi sulla persona nella sua individualità in rapporto all’ambiente in cui vive e lavora ha consentito di analizzare i modelli concettuali che cercano di spiegare il processo che conduce dallo stato di salute, inteso come benessere non solo fisico ma anche mentale e sociale.

Naturalmente a questa lettura segue un approccio di tipo bio-psico-sociale che include, tra gli aspetti principali, lo stato fisico, le attività quotidiane, lo status dell'individuo (lavoro/istruzione, ruolo sociale), l'umore, l’informazione l’educazione e le convinzioni sullo stato di salute e la motivazione all'autogestione.

Questa analisi metodologica giustifica la necessità di un approccio globale, multidisciplinare e trans-disciplinare nei confronti del paziente fin dall’esordio della patologia, e non, come spesso accade, quando si siano già instaurati danni, non solo fisici, spesso difficilmente recuperabili. 

Per comprendere l’importanza dell’approccio bio-psico-sociale possiamo prendere a campione uno studio pubblicato nel 1999 di A. Escalante e di I. Rincón. Esso propone una lettura rispetto alla problematica dell’handicap nelle malattie reumatiche che merita di essere considerata anche dal punto di vista sociale, contestuale e individuale. 
(Escalante A., Rincón I. Arthritis & Rheumatism;1999:42:1712–21).

I due ricercatori dimostrano, l’influenza delle diverse variabili che intervengono nel determinismo della disabilità:
- i segni e i sintomi indotti dalla malattia incidono nella misura del 33% 
- i motivi non individuati  nella misura del 41%
- i fattori contestuali nella misura del 26%
Da questa lettura emerge il ruolo giocato dai motivi non individuati e dai fattori contestuali che influiscono complessivamente nella misura del 67% nel determinare la disabilità.
Lo studio “suggerisce” l’importanza di una corretta analisi di partenza, per il recupero e il mantenimento dell’autonomia e per il miglioramento della qualità di vita. Tali aspetti sono stati i punti focali sui quali si sono sviluppate le raccomandazioni EULAR.

In tal senso è stata eseguita una rivalutazione del danno articolare, come incidenza dello stesso, in una visione più allargata che comprendesse l’ambito bio-psico-sociale. La modalità della presa in carico della persona secondo questa lettura deve essere individualizzata e le figure appartenenti al team multidisciplinare si articolano affrontando non solamente gli esiti della patologia, ma anche i fattori di rischio (come età, sesso, comorbidità, obesità e fattori meccanici avversi), la restrizione delle attività quotidiane, la partecipazione alla vita sociale, la qualità della vita, i desideri e le aspettative dell'individuo.
Il presupposto per avviare un’informazione che consenta alla persona di conoscere la malattia ed i fattori di rischio ad essa correlati è la valutazione della persona e dei suoi stili di vita relativi al quotidiano: famiglia, lavoro, hobby.

Questa analisi permette l’adozione di giusti accorgimenti che devono essere concordati con la persona al fine di ottenere una totale aderenza al programma terapeutico. 
Obiettivo è la riduzione del dolore associato all'OA e l’incremento della mobilità. In tal senso, accanto all’esecuzione di esercizi effettuati con il fisioterapista, in gruppo e autonomamente al proprio domicilio, si affianca l'educazione alla perdita di peso, all'impiego di calzature confortevoli, ausili per la deambulazione, la domotica e la tecnologia automobilistica. È importante che gli esercizi a casa proposti vengano inseriti in un piano di lavoro quotidiano secondo una tempistica chiara e fissa, che segua le abitudini della persona. 

Al fine di intervenire in modo significativo per un opportuno cambiamento dello stile di vita, le persone con OA all'anca o al ginocchio dovrebbero essere sottoposte a un programma individualizzato di intervento, basato su obiettivi a breve e a lungo termine, piani di intervento, con visite periodiche di controllo e possibilità di rivalutare il programma in corso. Durante le visite di follow-up, le informazioni e conoscenze dovrebbero essere sempre ricordate al paziente e sviluppate con l'accompagnamento di materiale stampato o multimediale (a seconda del gradimento della persona). Di fondamentale importanza sono i contatti telefonici mensili affiancati a sessioni di sostegno, con il coinvolgimento di altri familiari.            

Interessante nelle linee guida EULAR è l’aver considerato il rientro lavorativo. Alle persone con OA, a rischio di disabilità, deve essere favorita la ripresa lavorativa con un tempestivo intervento riabilitativo basato su protocolli definiti. La prevenzione primaria ha significativamente contribuito a ridurre i giorni di assenza lavorativa rispetto a cure standard. Per un corretto reinserimento lavorativo risulta di fondamentale importanza un’analisi del tipo di attività svolta e dell’ambiente stesso. Tale condizione è necessaria al fine di apporre opportuni accorgimenti ergonomici e di economia articolare per ridurre il rischio di perdita del lavoro o una riduzione del livello lavorativo con conseguente contrazione economica. 

La valutazione che precede il programma terapeutico deve comprendere interventi di counseling sui fattori modificabili legati all'attività lavorativa quali il cambiamento di comportamenti sul lavoro (mansioni e orario), l'uso della tecnologia di assistenza, la modifica della propria postazione di lavoro e il supporto dai superiori, dai colleghi e dalla famiglia. L’intervento educazionale include informazioni sulla malattia e la sua evoluzione, indicazioni sul trattamento riabilitativo sugli ausili ergonomici, libretti informativi sul tipo di attività fisica che può essere effettuata ed indicazioni per un rapido reinserimento nel proprio ambiente lavorativo.


Fernandes L. et al. EULAR recommendations for the non-pharmacological core management of hip and knee osteoarthritis. ARD Online First, published on April 17, 2013 as 10.1136/annrheumdis-2012-202745


Tiziana Nava
Presidente Gruppo Interesse  Specialistico Riabilitazione Reumatologica 
Associazione Italiana Fisioterapisti
Docente Universitario
Liaison office Italian European League Against Rheumatism EULAR


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