Terapia

Rituximab, nuovo studio come prima linea nell'AR

Lo studio IMAGE, presentato in occasione dell'EULAR, ha dimostrato che i pazienti che non hanno mai assunto metotressato (MTX), ove trattati con 1000 mg di rituximab in associazione con MTX, rispetto ai soggetti trattati con MTX da solo, dopo 1 anno di trattamento (misurato con il Total Sharp Score) presentano una riduzione della progressione del danno articolare di tre volte superiore.

IMAGE è uno studio di fase III, randomizzato, controllato, in doppio cieco condotto su 748 pazienti per valutare la sicurezza ed efficacia di rituximab in associazione con MTX rispetto a MTX da solo, tra pazienti mai trattati con MTX, affetti da AR attiva. I pazienti dei bracci rituximab sono stati trattati con 2 x 1000mg o 2 x 500mg ogni  24 settimane. L'endpoint primario era costituito dalla progressione radiografica, misurata con il punteggio totale modificato Sharp alla settimana 52.

Nei pazienti trattati con 2 x 1000mg rituximab e  MTX, i dati hanno dimostrato una variazione significativamente inferiore (0.359) del Total Sharp Score (mTSS) modificato rispetto ai pazienti con solo  MTX (1.079; p=<0.001) -  ovvero una minore progressione del danno articolare. Inoltre, una percentuale significativamente più elevata di pazienti trattati con rituximab e  MTX non ha mostrato alcuna progressione del danno articolare a 1 anno (64% vs 53% p=0.0309).

Alla 52a settimana, il 65% di tali pazienti aveva ottenuto un miglioramento del 50% dei sintomi (ACR50), mentre il 47% aveva conseguito un miglioramento del 70% (ACR70), contro il 42% ed il  25% tra i soggetti in terapia con MTX da solo (p<0.0001 sia per il confronto  ACR50 che ACR70). I dati sulla sicurezza sono in linea con le precedenti sperimentazioni cliniche su rituximab e ne confermano il profilo di sicurezza eccellente. Le percentuali di eventi avversi gravi e di infezioni gravi sono risultate sovrapponibili nei due gruppi rituximab e nel gruppo con solo MTX.

La percentuale di pazienti che ha ottenuto un miglioramento dei sintomi con la dose più bassa di rituximab 2 x 500mg è risultata anch'essa statisticamente significativa rispetto a MTX da solo (77%;60%;43% per ACR20/50/70) anche se tale dose non ha inibito in modo statisticamente significativo il danno articolare, a conferma della validità della dose attualmente autorizzata (2 x 1000mg).
Inoltre, rituximab ha migliorato la funzione fisica dei pazienti, valutata ad intervalli regolari durante lo studio tramite alcuni strumenti standard sulla qualità di vita legata alla salute, quali HAQ-DI, FACIT ed SF-36. I pazienti hanno segnalato livelli significativamente inferiori di spossatezza, uno dei sintomi più frequenti e debilitanti tra i malati di artrite reumatoide.

Inoltre, l'80% dei pazienti ha raggiunto un miglioramento dei sintomi (ACR20) rispetto a MTX da solo (80% vs 64%), mentre la percentuale di pazienti con un miglioramento dei sintomi del 70% rispetto ai soggetti trattati con MTX da solo è risultata quasi doppia (47% vs 25%). I pazienti trattati con rituximab hanno presentato un miglioramento significativo anche della funzione fisica e della qualità di vita rispetto a coloro che hanno ricevuto solamente MTX.

I dati sulla sicurezza nello studio IMAGE sono in linea con le precedenti sperimentazioni cliniche su rituximab e non hanno individuato effetti collaterali nuovi o inattesi. Le percentuali di eventi avversi gravi e di infezioni gravi sono risultate simili nei due gruppi  di pazienti trattati con Rituximab e nel gruppo trattato con solo MTX,  ad ulteriore conferma della solidità del profilo di sicurezza del trattamento.

Sempre in occasione dell'EULAR, alcuni ricercatori hanno individuato un gruppo di pazienti con artrite reumatoide con una probabilità doppia o tripla di ottenere un miglioramento significativo della malattia quando trattato con rituximab.
In una analisi post-hoc è stata studiata una coorte complessiva ricavata da 2 studi di fase III, in cui sono stati inclusi pazienti a cui era stato aggiunto rituximab a MTX. Rituximab è stato somministrato per infusione EV nei giorni 1 e 15. In totale 670 pazienti sono stati inclusi nell'analisi, in cui è stato determinato lo stato sierologico dei pazienti valutando la presenza di autoanticorpi specifici (fattore reumatoide, RF e peptide citrulli nato anti-ciclico, a-CCP), confrontando gli outcome clinici alle settimane 24 e 48 tra i soggetti sieropositivi (soggetti risultati  positivi al RF e/o aCCP) e sieronegativi. Le misure comprendevano la risposta ACR ed EULAR nonché i punteggi DAS28.

Alla settimana 24, i pazienti sieropositivi avevano 2 volte maggiore probabilità' di raggiungere una risposta ACR (ACR20 o ACR50) rispetto ai soggetti sieronegativi. Alla settimana  48 i pazienti sieropositivi avevano una probabilità tre volte superiore di ottenere un miglioramento del 70% dei sintomi (ACR70) rispetto ai pazienti sieronegativi (6.9 vs 20.9%). Inoltre, i pazienti sieropositivi hanno avuto una diminuzione significativamente maggiore del DAS, con maggiori probabilità di raggiungere una bassa attività di malattia alla settimana 48.
La produzione di autoanticorpi è uno dei meccanismi che si ritiene possa essere implicato ne mantenimento della fase attiva di malattia e del danno articolare che si sviluppa nell'AR, nell'80% circa della popolazione di pazienti sieropositivi. La miglior risposta osservata tra i pazienti sieropositivi può essere legata ad una delle modalità d'azione di rituximab, ovvero l'azione mirata ai linfociti B, produttori di autoanticorpi.

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