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Sindrome di Sjogren, metanalisi conferma innalzamento rischio CV

I pazienti con sindrome primaria di Sjogren sono a maggior rischio di morbilità CV, stando ai risultati di una metanalisi di recente pubblicazione su Arthritis Care & Research, che invita i reumatologi a tenerne conto al fine di proporre attività di screening per sondarne la presenza, nonché di adottare delle misure preventive in questi pazienti.

Razionale e disegno dello studio
La sindrome primaria di Sjogren si caratterizza per la presenza di infiltrazioni linfocitarie delle ghiandole esocrine (principalmente quelle salivali e lacrimali) ed è responsabile della secchezza sia a livello orale che oculare, oltre che di iperattività delle cellule B. Colpisce preferibilmente soggetti di sesso femminile intorno all’età di 50 anni.

E’ peraltro acclarato da tempo che i pazienti con altre malattie croniche autoimmuni (lupus e artrite reumatoide) si caratterizzano per la presenza di un rischio CV elevato, ascrivibile in larga parte alla componente infiammatoria sistemica alla base di queste malattie.

La presenza di dati contrastanti sull’associazione tra la sindrome di Sjogren e l’innalzamento del rischio CV ha sollecitato la messa a punto di una rassegna sistematica della letteratura, con annessa metanalisi per chiarire la questione.

E’ stata condotta, pertanto, una rassegna sistematica della letteratura sull’argomento, interrogando i principali database bibliografici biomedici disponibili.

La ricerca bibliografica, condotta da personale esperto, ha portato all’identificazione di 14 studi sui quali è stata effettuata la metanalisi successiva. Questi avevano incluso, prevalentemente, pazienti di sesso femminile aventi un’età media di 55 anni e una durata di malattia di almeno 7 anni.

Risultati principali
Dall’analisi complessiva dei dati, provenienti da più di 65.000 pazienti, è emerso che il rischio di morbilità coronarica nei pazienti con Sjogren era del 30% più elevato rispetto a quello della popolazione generale, con un rischio relativo (RR) quantificato in 1,34 (IC95%= 1,06-1,68; p=0,01).

Inoltre, il rischio di morbilità cerebrovascolare è risultato ancora più elevato del dato precedente (RR=1,46; IC95%= 1,43-1,49; p<0,00001).

In 5 studi che avevano incluso 24.133 pazienti con sindrome di Sjogren e 460.266 controlli, il numero di eventi coronarici è stato, pari, rispettivamente, a 7.799 e a 84.772, rispettivamente. Invece, in 4 studi che avevano incluso 25.242 pazienti con Sjogren e 570,183 controlli, il numero di eventi cerebrovascolari in toto è stato pari, rispettivamente, a 605 e a 11.637, rispettivamente.

Passando agli eventi tromboembolici nello specifico, due studi avevano incluso 16.090 pazienti con Sjogren e 548.218 controlli. In questi gruppi, si sono registrati, rispettivamente, 100 e 15.607 eventi, con un RR pari a 1,78 (IC95%=1,41-2,25, P<0,00001).

Considerando l’insufficienza cardiaca, tre studi hanno incluso 5.920 pazienti con Sjogren e 9.911 controlli, per un totale di 609 e 358 eventi, rispettivamente, e un odd ratio pari a 2,54 nei pazienti con Sjogren  (IC95%=1,30-4,97, P<0,007).

La metanalisi, invece, non ha rilevato un innalzamento della mortalità CV. In due studi che avevano incluso 745 pazienti, sono stati registrati 25 decessi per cause cardiache  (RR=1,48, IC95%=0,77-2,85, P=0,24). A questo riguardo, i ricercatori hanno ipotizzato che la mancanza di un rischio significativo di mortalità CV dipenda dal tasso ridotto di fumatori e dall’impiego ridotto di corticosteroidi nei pazienti con Sjogren rispetto a quelli con AR e LES, condizioni nelle quali, invece, la mortalità CV risulta elevata.

Le ipotesi patogenetiche alla base dei risultati
Mentre l’infiammazione cronica sistemica è ormai considerata come causa assodata di innalzamento del rischio CV nelle malattie come il Sjogren, i ricercatori ipotizzano la messa in gioco di altri fattori concomitanti.

Alcuni studi, infatti, hanno identificato una prevalenza elevata di aterosclerosi sulla base del riscontro di disfunzione endoteliale, di anomalie dell’indice ABI o dell’ispessimento dell’intima-media carotidea, soprattutto nei pazienti con lunga durata di malattia.

Negli studi che hanno trattato il tema dei fattori di rischio CV, i pazienti con Sjogren si sono caratterizzati per tassi elevati di iperlipidemia e ipertensione, anch’essi fattori che contribuiscono all’aterosclerosi.

Si ipotizza, pertanto, che la presenza di autoanticorpi circolanti possa innalzare ulteriormente tale rischio: a questo riguardo i ricercatori hanno ricordato che alcuni studi hanno identificato livelli elevati di anticorpi anti-SSA/Ro e anti-SSB/La in pazienti con Sjogren  associato a  comorbilità CV e coinvolgimento sistemico.

“Sono necessari, ora – concludono – studi prospettici che siano in grado di approfondire l’associazione documentata tra eventi CV e Sjogren”, incluso il contributo potenziale a questa associazione fornito dagli steroidi e da altri farmaci utilizzati per il trattamento di questa condizione.

Nicola Casella

Bibliografia
Beltai A, et al "Cardiovascular morbidity and mortality in primary Sjogren's syndrome:A systematic review and meta-analysis" Arthritis Care Res 2018; DOI: 10.1002/acr.23821.
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