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Artrite psoriasica, disponibile ustekinumab nuovo anticorpo monoclonale anti interleuchina 12 e 23

Da poche settimane i pazienti italiani affetti da artrite psoriasica possono avvalersi della terapia con ustekinumab, che ha recentemente ottenuto l’approvazione e la rimborsabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale per l’utilizzo in questa patologia.

Il farmaco è approvato in monoterapia o in associazione a metotrexate, come terapia dell’artrite psoriasica attiva in pazienti adulti, nei quali si sia rivelato inadeguato il precedente trattamento con farmaci antireumatici non biologici (DMARD).  

“Grazie al suo innovativo meccanismo d’azione, ustekinumab agisce bloccando due citochine: l'interleuchina 12 e l'interleuchina 23. Si tratta di un nuovo asse che potrebbe avere un ruolo più importante nel trattamento dell’artrite psoriasica, rispetto ai farmaci biologici già disponibili che invece agiscono sugli inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF) – dichiara Ignazio Olivieri, Presidente SIR – Società Italiana di Reumatologia. Il vero vantaggio di ustekinumab, rispetto agli altri biologici anti TNF-α, è dato dal fatto che questo trattamento risulta più efficace sia sulla componente psoriasica che su quella muscoloscheletrica. L’approvazione di questo farmaco rappresenta una nuova opportunità di cura per i pazienti ma, in senso generale, anche una nuova ed interessante opzione terapeutica in reumatologia” – continua Olivieri.

Già approvato per la psoriasi, ustekinumab è il primo di una nuova classe di farmaci biologici ora disponibile per i pazienti con artrite psoriasica attiva. I risultati del programma di sviluppo clinico di Fase III (PSUMMIT I e PSUMMIT II) hanno dimostrato che in pazienti che non rispondono a una precedente terapia ustekinumab è efficace nel trattare i segni e i sintomi della malattia, di almeno il 20% secondo i criteri dell’American College of Rheumatology.

“Quando alla psoriasi, già pesante per il paziente, subentra l’artrite la situazione può diventare davvero insostenibile. Ecco perchè la diagnosi tempestiva dei primi segnali di artrite psoriasica può aiutare a prevenire o limitare il danno articolare che compare negli stadi avanzati della malattia. – continua Olivieri – La diagnosi in quest’area è particolarmente delicata in quanto, non esistendo esami specifici da effettuare, è necessario valutare molto attentamente il quadro clinico del paziente e la sua storia familiare per valutare se esiste anche un fattore ereditario di primo grado che lo pone maggiormente a rischio” – conclude Olivieri.

L’artrite psoriasica viene considerata una malattia fortemente invalidante perché può essere causa di disabilità con un conseguente peggioramento della qualità della vita: inizialmente i pazienti, infatti, devono imparare a convivere con la loro nuova condizione ed affrontare le limitazioni che la patologia può imporre nella vita di tutti i giorni.

“Poiché sono molte le implicazioni legate alla malattia, l’obiettivo di cura non è solo quello terapeutico, ma anche quello di garantire al paziente la possibilità di continuare a praticare una vita attiva, sociale e lavorativa. – dichiara Maria Grazia Pisu, Presidente dell’Associazione Malati Reumatici Lombardia e Consigliere-Segretaria ANMAR – Per questo motivo riteniamo fondamentale l’informazione ai medici di base, ma anche ai dermatologi, affinché i pazienti, dopo un primo consulto, possano essere inviati tempestivamente presso i centri qualificati”.

I pazienti affetti da artrite psoriasica oggi hanno ancora reali difficoltà nella vita quotidiana e chiedono di essere tutelati dal punto di vista assistenziale. “Purtroppo – continua Pisu –  a tutt’oggi riscontriamo ancora delle importanti carenze in questo senso, basti pensare che l’esenzione per patologia è ferma al 2005 e che da allora non ha subito nessun aggiornamento. Il problema riguarda per lo più i costi legati agli accertamenti post terapia, soprattutto per i farmaci biologici che, pur garantendo una maggiore efficacia, richiedono una serie di controlli successivi al trattamento non previsti dalla vecchia esenzione e che quindi devono essere sostenuti direttamente dal paziente”.

La terapia dell’artrite psoriasica ha fatto notevoli passi avanti negli ultimi 20 anni. Solitamente in una prima fase si ricorre ai farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) particolarmente efficaci nel contrastare sia il dolore sia la rigidità articolare oppure per le forme più aggressive si utilizzano i cortisonici sia per via intra-articolare che sistemica. Se il paziente non risponde a questi trattamenti si passa ad altri farmaci (ex. metotrexato, ciclosporina, azatioprina).

Le moderne conoscenze in materia di biologia molecolare hanno permesso di produrre una nuova classe di farmaci cosiddetti “biologici”: questa categoria di farmaci ha sicuramente cambiato la prognosi della malattia. Queste terapie rappresentano uno dei maggiori progressi ottenuti dalla medicina negli ultimi anni in campo terapeutico, essendo in grado di attenuare la gravità e l’estensione della malattia sia a livello cutaneo che articolare.

L’artrite psoriasica si può manifestare sotto diverse forme, con una variabilità anche nel decorso e nelle articolazioni colpite. E’ una malattia dal quadro clinico molto complesso: può interessare le articolazioni periferiche, le articolazioni degli arti superiori ed inferiori e le inserzioni tendinee (entesi). Esistono inoltre dei segni distintivi della malattia: la dattilite, il cosiddetto dito a “salsicciotto”, che si manifesta con gonfiore omogeneo di un dito della mano o del piede per infiammazione dei tendini e delle articolazioni del dito interessato, e l’entesite, infiammazione del punto d’inserzione dei tendini e dei legamenti sull’osso (le più comuni sono l’entesite calcaneare, la tendinite achillea o la fascite plantare).

L’AP può interessare anche la colonna vertebrale. La malattia può manifestarsi in una sola di queste articolazioni o anche in più contemporaneamente.
Generalmente, la malattia insorge tra i 20 e i 40 anni ed è presente in circa il 30% dei pazienti affetti da psoriasi. In Italia colpisce circa 600.000 persone, un dato che equivale all’1% della popolazione.
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