Terapia

Artrite reumatoide, golimumab ancora più efficace nei pazienti gravi mai trattati con MTX

Il trattamento con l’anticorpo anti-TNF golimumab, in aggiunta a metotressato (MTX), porta a un miglioramento dei segni e sintomi della malattia e rallenta la progressione del danno strutturale in tutti i pazienti con artrite reumatoide non trattati in precedenza con MTX, ma il miglioramento è particolarmente pronunciato in quelli con malattia attiva grave. Lo evidenzia un’analisi post-hoc dello studio pivotal GO-BEFORE, pubblicata di recente su Clinical Rheumatology.

Lo studio GO-BEFORE è uno dei tre studi registrativi (assieme a GO-FORWARD e GO-AFTER) che hanno portato all’approvazione del farmaco come trattamento per l’artrite reumatoide e ha valutato l’efficacia di golimumab nella popolazione naive al MTX.

Nell’introduzione, gli autori, guidati da Paul Emery, dell’Università di Leeds,spiegano che i pazienti inclusi nel campione erano malati relativamente da poco: quasi il 70% da non più di 3 anni e quasi la metà da non più di un anno.

L’endpoint primario dello studio era il miglioramento della risposta ACR50 aggiungendo golimumab rispetto alla monoterapia con MTX. Analizzando i dati come specificato dal protocollo, quest’obiettivo non è stato raggiunto. Tuttavia, dopo aver escluso in un’analisi post-hoc tre pazienti in realtà mai trattati col farmaco, la combinazione di golimumab e MTX si è dimostrata più efficace del solo MTX nel raggiungere l’ACR50.

Emery e i colleghi fanno notare che la popolazione di GO-BEFORE, in genere, aveva al momento dell’arruolamento un’attività di malattia più bassa rispetto ai pazienti coinvolti negli studi precedenti su anti-TNF in popolazioni naive al MTX, il che potrebbe aver contribuito al mancato raggiungimento dell’endpoint nella prima analisi.

Dato che golimumab è approvato per il trattamento dei pazienti con artrite reumatoide moderata o grave, Emery e il suo gruppo hanno deciso di effettuare un’altra analisi post-hoc di questo studio, per valutare nello specifico l’efficacia dell’anticorpo nei pazienti con malattia attiva più grave (definita in base a vari criteri: PCR ≥1,5 mg/dl, PCR ≥ 3 mg/dl, numero di articolazioni tumefatte ≥ 10 e numero di quelle dolenti ≥12, numero di articolazioni tumefatte ≥ 20 e numero di quelle dolenti ≥12, DAS28-CRP >5,1 e positività agli anticorpi anti-CCP).

Tra gli altri outcome di efficacia valutati nello studio, oltre alla risposta ACR50, figuravano le risposte ACR20  e ACR 70, il punteggio del DAS28-CRP, la funzionalità fisica e la variazione del punteggio di van der Heijde-Sharp (vdH-S) dopo 52 settimane.

Al basale, 229 pazienti avevano livelli di PCR ≥1,5 mg/dl, 126 livelli di PCR ≥ 3 mg/dl, 293 un numero di articolazioni tumefatte ≥10 e un numero di articolazioni dolenti ≥12, 122 un numero di articolazioni tumefatte ≥20 e un numero di articolazioni dolenti ≥12, 333 un punteggio del DAS28-CRP > 5,1 e 343 erano positivi agli anticorpi anti-CCP.

La risposta clinica è stata maggiore nel gruppo trattato con golimumab più MTX rispetto a quello trattato con il solo MTX (più placebo) per tutti gli outcome valutati sia nell’intero campione sia nei sei sottogruppi di pazienti con malattia più grave.

Tuttavia, l'effetto del trattamento con la combinazione dei due farmaci è sempre risultato maggiore tra i pazienti dei sottogruppi con malattia più grave che non nella alla popolazione complessiva dello studio GO-BEFORE.

Il beneficio del trattamento con i due farmaci rispetto a quello con il solo MTX è risultato più pronunciato nei sottogruppi di pazienti con PCR ≥ 3 mg/dl.

Inoltre, tra i pazienti con PCR elevata e con articolazioni tumefatte e dolenti, i pazienti con malattia più grave, cioè quelli con PCR ≥ 3 mg/dl e con un numero di articolazioni tumefatte ≥ 20 e un numero di articolazioni dolenti ≥12 sono quelli che sembrano aver tratto il maggior beneficio dall’associazione del biologico con il DMARD convenzionale.

“Questo risultato” scrivono gli autori nella discussione “non è semplicemente il risultato del fatto che i pazienti con malattia più grave al basale avevano maggiori possibilità di miglioramento”. A dimostrarlo, secondo Emery e i colleghi, il fatto che i pazienti più gravi sono quelli che hanno ottenuto il maggior beneficio in misure di outcome come il raggiungimento di un DAS28-CRP > 2,6 dopo 52 settimane, che è un obiettivo del trattamento e non dipende dalla misura di una variazione rispetto alla situazione di base, o dal fatto che in questo gruppo si è avuto l’effetto più marcato sulla progressione radiografica, che non incorpora misure di attività della malattia al basale.

I ricercatori riconoscono che lo studio presenta diversi limiti, tra cui la mancanza di potenza adeguata per confronti statistici, il che limita l’interpretazione dei risultati. Tuttavia, scrivono, “nonostante questi limiti, quest’analisi mostra chiaramente una tendenza consistente verso un aumento del beneficio del trattamento con golimumab più MTX nei pazienti con artrite reumatoide attiva grave… rispetto alla popolazione complessiva dello studio GO-BEFORE nel raggiungimento di un’attività più bassa di malattia, nel miglioramento della funzionalità fisica e nell’inibizione della progressione radiografica”.

Pertanto, concludono gli autori, “i risultati giustificano l’uso di un anti-TNF nei pazienti che si presentano con una malattia grave fin dall’inizio e con indicatori prognostici sfavorevoli, ed evidenziano l’importanza di identificare i pazienti con malattia attiva grave e di fornire loro una terapia adeguata, per migliorare gli outcome a lungo termine”.

Alessandra Terzaghi

P.Emery, et al. Efficacy of golimumab plus methotrexate in methotrexate-naïve patients with severe active rheumatoid arthritis. Clin Rheumatol. 2014; doi: 10.1007/s10067-014-2731-y.

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