Artrite reumatoide, l'attività di malattia può suggerire lo stop ai farmaci biologici?

Otto pazienti su 10, affetti da artrite reumatoide (AR), che hanno sospeso il trattamento con adalimumab (in aggiunta a MTX) al raggiungimento della condizione di ridotta attività di malattia (LDA), non hanno sperimentato recidive di malattie per ben 3 anni.

Queste le conclusioni di uno studio osservazionale giapponese, recentemente pubblicato su Arthritis Research & Therapy, che suggeriscono la possibilità di ottimizzazione delle terapia con i farmaci biologici.

Razionale dello studio
Come è noto, l'introduzione dei farmaci biologici, come i farmaci anti-TNF nel trattamento dell'AR ha determinato un incremento dei tassi di remissione clinica e reso possibile il traguardo del mantenimento a lungo termine della remissione di malattia (strutturale e funzionale).

“I risultati di alcuni studi – spiegano i ricercatori nell'introduzione allo studio – hanno mostrato come la terapia di combinazione con farmaco anti-TNF e MTX sia più efficace della monoterapia con MTX”.

“Tuttavia – aggiungono i ricercatori – l'impiego continuo dei farmaci biologici si associa anche ad un incremento del rischio di infezioni e potrebbe impattare negativamente, dal punto di vista delle risorse economiche sempre più ristrette in sanità, sulla gestione di questi pazienti”.

Nel corso degli ultimi anni, l'attenzione della ricerca si è focalizzata sulla valutazione della possibilità di interrompere il ricorso ai farmaci biologici nei pazienti che hanno raggiunto la LDA.

Tuttavia, gli studi fino ad oggi presenti non hanno valutato l'efficacia di questa strategia terapeutica sull'attività di malattia e la safety nel lungo termine.

Di qui il nuovo studio, che si è proposto di valutare l'opportunità di sospendere il trattamento a lungo termine con adalimumab, un farmaco anti-TNF di provata efficacia nell'AR, al raggiungimento della LDA in pazienti giapponesi con AR all'esordio e di identificare i predittori di mantenimento della LDA.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio osservazionale appena pubblicato, noto con la sigla HOPEFUL-3, è il terzo del programma di studi clinici HOPEFUL.

Nello studio HOPEFUL-1, i pazienti con AR all'esordio erano stati trattati inizialmente con adalimumab in associazione a MTX (terapia intensiva) o a MTX da solo (terapia standard) per 26 settimane, per essere successivamente trattati con la combinazione adalimumab-MTX.

Nello studio HOPEFUL-2, invece, i pazienti reclutati erano stati sottoposti a trattamento con adalimumab-MTX (fase di continuazione trattamento con adalimumab) o con MTX da solo (fase di sospensione del trattamento con il farmaco biologico) per 52 settimane.

Lo studio HOPEFUL-3 ha reclutato 172 pazienti con AR all'esordio tra quelli che avevano completato lo studio HOPEFUL-2, seguendoli per un tempo aggiuntivo pari a 104 settimane.
In questo studio, 79 pazienti erano ancora in trattamento con adalimumab-MTX mentre 93 erano trattati solo con MTX.

L'outcome primario dello studio era rappresentato dalle variazioni del punteggio DAS28-CRP e dalla proporzione di pazienti che aveva raggiunto la LDA (DAS28-CRP <3,2) alla settimana 208.

Analizzando i risultati principali, è emerso che, alla fine del periodo di osservazione dello studio (settimana 208), 58 pazienti su 61 (95,1%) e 59 pazienti su 74 (79,7%) che avevano rispettivamente continuato o interrotto il trattamento con adalimumab erano in LDA (DAS28-CRP <3,2).

Quanto alla remissione clinica di malattia, la proporzione di pazienti che aveva raggiunto l'outcome è risultata significativamente inferiore nel gruppo che aveva sospeso il trattamento con adalimumab rispetto al gruppo di pazienti che avevano continuato il trattamento (65% vs 89%, rispettivamente; p=0,001).

Infine, la terapia intensiva iniziale è risultata associata ad un outcome migliore della terapia standard in termini di progressione del danno radiografico [variazione del punteggio modificato total Sharp da 0 a 208 settimane <0,5 (64% vs 30%)].

L'incidenza di eventi avversi, tuttavia, è risultata significativamente inferiore nel gruppo di pazienti che aveva sospeso il trattamento con il farmaco biologico rispetto a quelli che l'avevano continuato (9,7% vs. 32,9%; p<0,001).

Bronchiolite, calcoli urinari, ascite e cirrosi epatica sono stati gli eventi avversi seri più frequentemente documentati nei pazienti che avevano continuato il trattamento con adalimumab. Nell'altro gruppo, invece, è stato documentato un caso di malattia polmonare interstiziale.

Limiti e implicazioni dello studio
Lo studio era affetto da alcuni limiti metodologici intrinseci per stessa ammissione degli autori, quali il disegno osservazionale e la mancata randomizzazione al trattamento.

Ciò premesso, “... i risultati di questo studio di follow-up della durata di 104 settimane hanno indicato chiaramente che circa l'80% dei pazienti giapponesi con AR all'esordio sono in LDA a 3 anni dalla sospensione del trattamento con adalimumab – scrivono gli autori - . Oltre ai benefici sulla safety per i pazienti con AR, la sospensione del trattamento con farmaci biologici dopo raggiungimento della LDA o della remissione clinica di malattia potrebbe portare beneficio ai sistemi sanitari, riducendo il peso economico associato all'impiego a lungo termine di questi farmaci”.

“Per quanto necessitanti di conferme – concludono gli autori – tali dati suggeriscono come la sospensione a lungo termine del trattamento con adalimumab potrebbe configurarsi cone una opzione terapeutica utile e praticabile per quei pazienti con AR all'esordio che raggiungono la LDA”.

Nicola Casella

Bibliografia
Tanaka Y et al. Low disease activity for up to 3 years after adalimumab discontinuation in patients with early rheumatoid arthritis: 2-year results of the HOPEFUL-3 Study. Arthritis Research & Therapy201719:56
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