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Pharmakon, il primo progetto sperimentale siciliano di cura attraverso l'arte

Tra arte e cura c’è un link, un collegamento: lo ha detto l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel Rapporto di sintesi della Health Evidence Network 67, “Qual è l’evidenza sul ruolo delle arti nel migliorare salute e benessere?”. Piroska Östilin, direttore regionale per l’Europa dell’OMS ha affermato che “portare l’arte nella vita delle persone attraverso attività come la danza, il canto, l’andare nei musei e ai concerti offre una dimensione aggiuntiva a come possiamo migliorare la salute fisica e mentale”. Con questo intento, sabato 7 marzo, dalle 10 alle 17, si darà il via a Pharmakon, il primo progetto sperimentale siciliano di cura attraverso l’arte, che coinvolgerà pazienti affetti da malattie degenerative croniche, medici, psicologi e mediatori culturali, varcando la soglia del Museo di Castelbuono (Pa). Tra le organizzatrici, c’è Monica Sapio, responsabile dell’U.O. Terapia del dolore dell’Ospedale Buccheri La Ferla FBF di Palermo.

Che cosa ha ispirato questo evento?
D’ispirazione è stata l’esperienza realizzata dal museo di Belle Arti di Montreal (Canada), che accoglie pazienti cronici per specifiche visite museali su indicazione medica. L’idea è nata da Claudia Villani, mediatrice artistica, appassionata di sistemi complessi e del metodo transdisciplinare. Il progetto ha preso vita dalle nostre specificità, dalla capacità di entrambe di mettere a frutto, per un progetto comune di cura, esperienze diversissime, collaborando in modo fecondo. L’accelerazione alla realizzazione è arrivata grazie alle indicazioni dell’OMS di novembre scorso. Mi occupo di Fibromialgia da tanti anni. Sono referente medico dell’AISF per Palermo e provincia, e da terapista del dolore accolgo le persone che soffrono di questa malattia in un ambulatorio del dolore dedicato solo a loro, una volta alla settimana, da circa 3 anni. Abbiamo fatto una piccola rete con il reumatologo, il fisiatra, lo psicoterapeuta. La Fibromialgia è una malattia multimodale, e l’intento è quella di trattarla anche con l’arte.

Cosa sperimenteranno a Pharmakon i pazienti con una malattia degenerativa cronica?
Non ci saranno solo i pazienti, ci saranno anche i medici, gli psicologi, una progettista culturale e mediatrice artistica, Claudia Villani. Si inizierà con una visita di gruppo gratuita, opportunamente guidata al Museo di Castelbuono, in silenzio. Poi, singolarmente, tutti saranno invitati a tornare davanti a un’opera con la quale sono entrati in sintonia. Durerà all’incirca un’ora e mezza. E, subito dopo, ci si ritroverà di nuovo tutti insieme in una saletta dedicata, per un confronto sulle opere viste.

E poi che succede?
Si tenta di arrivare alla cura di qualcosa del paziente. Cosa, verrà fuori dai suoi racconti. Sono un’esperta di medicina narrativa e utilizzeremo questo strumento. Daremo alle persone, a tutte quelle presenti, un racconto semistrutturato fornito da noi. Una traccia, che ha come linee guida: “Che cosa significa sentirsi malati?”, “Che cosa ha suscitato la visita museale in questa chiave di lettura?”. Aiuterà a fare venire fuori l’aspetto profondo della malattia. Dai racconti emersi, Claudia Villani farà quello che abbiamo già sperimentato nei nostri consulti transdisciplinari: tirare fuori una metafora, partendo dai concetti o dalle parole nomadi di tutti noi.

Che cosa sono i concetti e le parole nomadi?
Parole essenziali, presenti in tutti i linguaggi del mondo e che indicano concetti basilari, come amore e odio, tu e io, lontano e vicino….
Una volta trovata la metafora…
Si fa un’ultima proposta al paziente: “Rivedi il quadro come se fosse il fotogramma di un film e cerca di pensare al fotogramma successivo, attraverso la metafora”. È una rivalutazione del momento di malattia. Noi abbiamo già sperimentato l’esperienza in un consulto transdisciplinare: il paziente si confrontava con tutta l’équipe medica, che non lo aveva ancora visitato. Raccontava la sua storia di malattia, e noi medici lo ascoltavamo, come persone. Poi, abbiamo visitato il paziente, ognuno con le competenze della propria branca medica. Abbiamo scritto la storia che ne è emersa, abbiamo rielaborato la metafora e a quel punto la metafora è stata consegnata al paziente insieme alla terapia multimodale. Tutti noi partecipanti a quel consulto transdisciplinare abbiamo detto “Io non avrei mai dato al paziente la terapia che gli sto dando, se non fossi stati contaminato dalla sua storia”.  

Che cosa vuol dire “Non avrei dato la terapia che gli sto dando, se non fossi stato contaminato dalla sua storia”?
Le faccio un esempio. Io, Monica Sapio, nella vita sono medico, e sono persona che ha dentro il suo essere medico. Quando ascolto la storia di qualcuno, anche se è un caro amico, se mi dice “ho male a un ginocchio” mi viene da pensare subito che dovrebbe fare una radiografia, una risonanza o una Tac… Lavorando con la medicina narrativa, però, si fa il ragionamento al contrario. Si ascoltano prima di tutto le persone, da persone. Diventa quindi un confronto tra persone, medici e pazienti, che hanno competenze diverse. Questo aiuta tutti a comprendere anche il nodo relazionale del paziente con il mondo. La terapia, allora, può cambiare, può integrarsi, in base a queste informazioni. Questo ha dei benefici sul rapporto medico-paziente e sull’aderenza terapeutica.

“Pharmakon. L’arte che cura” avrà una durata di 6 mesi. Una volta al mese, un gruppo di 15 persone composte da pazienti e medici sperimenterà quest’esperienza. Per info e prenotazioni contattare: Claudia Villani, claudiavillani007@gmail.com o Monica Sapio, monicasapio59@gmail.com


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