Terapia

Vision 2011: il CROI e i nuovi scenari

Nei nuovi scenari che si sono aperti nel mondo reumatologico, un ruolo propulsivo primario appartiene al CROI che deve assumersi la responsabilità, e la sua leadership se ne deve fare carico, di portare un contributo decisivo alla crescita e all'evoluzione della Reumatologia italiana.

Il CROI, nel prossimo futuro, dovrà perseguire due obiettivi primari:
- elevare il livello dell'assistenza al malato reumatico, sia attraverso l'aggiornamento continuo e la crescita culturale degli operatori ospedalieri e territoriali, sia attraverso la qualità delle prestazioni erogate rispetto alle aspettative dei malati stessi; 
- far crescere, compatibilmente con i tempi non certo favorevoli, l'assistenza reumatologica su tutto il territorio italiano, nella maniera più omogenea possibile, a tal fine promuovendo la formazione e la visibilità di nuove generazioni di Reumatologi e favorendone la stabilizzazione nelle strutture ospedaliere e territoriali esistenti ed in quelle che le realtà locali si apprestino a prevedere nei piani regionali.

Il Consiglio Direttivo che uscirà dalle nuove elezioni di maggio 2011, facendo tesoro di quanto il Consiglio Direttivo uscente ha fattivamente e meritoriamente posto in essere in termini di progetti e risultati, dovrà perciò costruire una strategia finalizzata alla realizzazione di quegli obiettivi rispetto ai quali i tempi futuri inderogabilmente lo chiameranno a rispondere. In particolare chiunque si troverà a dirigere la nostra Società nel prossimo triennio si troverà ad affrontare i seguenti sei punti.

Le vecchie e le nuove generazioni, ovvero la necessità di un rinnovamento
Uno dei problemi che potrebbero condizionare in senso negativo il futuro della Reumatologia ospedaliera e territoriale è il mancato rinnovamento generazionale.
La crisi economica, le leggi del pubblico impiego, i piani di rientro e quant'altro hanno fatto si che ai giovani Reumatologi l'ingresso nelle strutture ospedaliere sia praticamente precluso. Spesso essi sopravvivono grazie a borse di studio elargite liberalmente da aziende o istituzioni private, con assunzioni a termine, oppure operando per puro atto di volontariato.

Il CROI in questo senso dovrà essere una vera e propria task-force che elabori un progetto di politica sanitaria per l'assistenza reumatologica tale da far apparire al mondo politico nazionale ed ancor più locale la Reumatologia come un'operazione sanitaria di investimento, una risorsa socio-economica e non un costo a cui esso debba in qualche modo sottrarsi.

Un modello esemplificativo di ottimizzazione delle risorse è indubbiamente quello rappresentato dalle Early Arthritis : costruire percorsi diagnostico-terapeutici per le artriti al loro esordio è un'opzione da offrire alla classe politica e alla dirigenza aziendale al fine di dimostrare come l'approccio tempestivo a quella patologia sia una operazione socio-sanitaria strategica, la cui realizzazione porta lustro alle amministrazioni, vantaggi ai loro bilanci  e costituisce di riflesso una chance occupazionale per giovani Reumatologi. Altri modelli operativi potranno scaturire dalle opportunità locali e dall'impegno di ciascuno di noi: basti pensare agli ambulatori per l'osteoporosi, per le malattie rare, etc.

La maggiore evidenza possibile dovrà essere data alle nuove generazioni di reumatologi che nelle diverse sedi sono cresciute dietro le figure apicali. Questa evidenza deve essere chiaramente espressa a vari livelli:
- a livello delle istituzioni, laddove  giovani reumatologi di talento dovranno essere cooptati all'interno dello stesso Consiglio Direttivo che verrà eletto, ma ancor più nelle Commissioni e nei gruppi di lavoro che il Consiglio stesso organizzerà per rispondere in maniera pronta ed efficace alle istanze che di volta in volta si porranno;
- nelle attività congressuali, a dimensione nazionale come ovviamente a livello regionale e locale, riservando alle nuove generazioni la gestione di spazi a esse  dedicati con un'autonomia sostanziale che preveda la gestione  diretta di sessioni scientifiche da parte di chi abbia dimostrato qualità e competenza e sappia sfruttare un tutoraggio non ingombrante di chi esperienza e visibilità ha già acquisito;
- nei gruppi di lavoro dedicati alla ricerca reumatologica, in rappresentanza della componete ospedaliera e territoriale in progetti condivisi anche con la SIR; 
- nelle istituzioni regionali del CROI, infine, i giovani reumatologici dovranno avere una specifica rappresentatività.

Occorre, cioè, offrire chances e visibilità alle nuove generazioni di reumatologi che dovranno acquisire, per quelle vie, tutti i requisiti di autorevolezza professionale e scientifica necessarie per contrastare l'opera di accerchiamento che si prospetta nel futuro per la reumatologia ospedaliera e territoriale. La  crescita e la selezione di una nuova classe dirigente di reumatologi sarà la migliore eredità che l'attuale leadership potrà lasciare alla reumatologia dei prossimi dieci anni.

Il Reumatologo è unico e infungibile
È lo slogan che bisogna propugnare a livello di comunicazione mass mediatica e nei rapporti con le altre Società scientifiche; il reumatologo, infatti è per la Società una ricchezza non sostituibile con altro bene uguale o somigliante, poiché dotato di una propria capacità culturale e sociale.
Ma affinché questo slogan non sia vuoto di contenuti occorre un confronto costruttivo con l'università e le loro scuole di specializzazione in reumatologia, al fine di difendere la specificità dello specialista in reumatologia dalle cosiddette discipline affini.

L'attività operativa quotidianamente svolta nelle nostre strutture è un' opzione  che la reumatologia ospedaliera e territoriale può offrire nell' ambito dei percorsi formativi dei corsi di laurea e delle scuole di specializzazione, contribuendo ad una migliore formazione dei giovani reumatologi.
Un più stretto rapporto tra a comunicazione fra università-ospedale e territorio rappresenta inoltre un momento fondamentale che può favorire l'inserimento nel mondo del lavoro. Preservare la figura dello specialista reumatologo e contribuire al suo inserimento nel mondo reale è un obiettivo fondamentale che CROI, SIR e UNIREUMA devono perseguire  in una alleanza strategica finalizzata a conservare la specificità della nostra specialità.
I farmaci biologici tra ospedale e territorio, ovvero un modello di sinergia e risparmio delle risorse
L'impiego delle terapie innovative e in particolare degli anticorpi monoclonali nell'ambito delle malattie reumatiche, a fronte di un crescente utilizzo che si registra mediamente nei paesi occidentali non presenta in Italia un equivalente andamento, anzi l'utilizzo nel nostro Paese di quelle terapie appare inadeguato rispetto alla domanda ed alle aspettative dei malati.
Tale discrepanza, indiscutibilmente documentata da studi statistici recenti e di sicura affidabilità,  può trovare giustificazione in questioni di natura organizzativa, socioeconomica e culturale.

L'impiego dei farmaci biologici è attualmente delegato alle strutture universitarie e ospedaliere e solo in alcune Regioni ai reumatologi territoriali. Tale limitazione poteva forse trovare giustificazione nel 2000, allorché era stata dettata dalla necessità di privilegiare la sicurezza dei pazienti e al contempo di assicurare un'appropriatezza della prescrizione, un'affidabilità nel follow-up, una pronta e corretta gestione degli effetti collaterali.  Oggi, seppure ancora in molte Regioni Italiane esistano centri di riferimento reumatologici che non interagiscono con una rete territoriale specialistica efficiente, le realtà sono profondamente mutate. I farmaci biologici hanno chiarito il loro profilo farmacologico e clinico sicché tutti gli specialisti reumatologi, anche territoriali, hanno per essi cultura e competenza tali da potersi proporre quali prescrittori, in maniera diffusa e capillare su tutto il territorio nazionale,  magari coordinando le loro attività con i centri di riferimento.

L'utilizzo anche nel territorio dei farmaci biologici consentirebbe a un numero maggiore di malati di adire alle cure che loro spettano e di contribuire a gestire a domicilio anche quelle forme cliniche complesse che una volta necessitavano del ricovero. Così facendo, la gestione territoriale dei farmaci biologici sarebbe funzionale a sgravare le strutture universitarie e ospedaliere da un gravoso carico di lavoro che rischia di monopolizzare molte delle risorse umane di cui quelle strutture sono dotate.

Un valore aggiunto di questa scelta deriva dal fatto che giovani e valenti reumatologi verrebbero cooptati, a vario titolo, nel mondo del lavoro, in una attività di particolare valenza, qualificante un livello più elevato l'attività reumatologica ambulatoriale nell'ambito del nostro sistema sanitario.
Solo l'integrazione tra centri di riferimento e attività ambulatoriale territoriale potrà dare un adeguato e corretto impulso all'impiego più diffuso di questi farmaci e ridurrà il gap attualmente esistente con gli altri Paesi europei.
Uno sforzo deve essere pertanto compiuto dal CROI al fine di coordinare tutte le forze in campo che a vario titolo partecipino a questo percorso diagnostico-terapeutico, il medico di medicina generale, lo specialista territoriale, l'ospedale e l'università. La coordinazione di questi fondamentali interpreti nella vicenda del malato reumatico migliorerà da una parte la tempestività della diagnosi e dell'intervento terapeutico, dall'altra l'appropriatezza prescrittiva quando affidata allo specialista reumatologo.
Tutto ciò sarà sicuramente foriero di risultati terapeutici ottimali rispetto alla attuale carenze.

Il CROI e la SIR ovvero una partnership
La SIR è una società scientifica presso la quale tutti i reumatologi possono trovare spazio e rappresentatività nell'ambito delle attività scientifiche che la stessa promuove: siamo certi che la persona del suo Presidente e il suo Consiglio Direttivo saranno garanti a che  tutti, purché meritevoli, abbiano accesso ai fondi riservati ai progetti di ricerca.

Il CROI, per quelli che sono i suoi mandati istituzionali, è maggiormente interessato allo sviluppo delle tematiche manageriali, alla formazione nella pratica clinica, alla comunicazione e alla ricerca applicata. Queste saranno le tematiche nel cui approfondimento il CROI dovrà supportare i propri associati e ciò dovrà caratterizzare in primis i congressi del CROI. Si intende cioè che i temi delle attività congressuali dovranno essere il più possibile rivolti alla pratica clinica - il programma del Congresso di Chia Laguna ne è già un'eccellente dimostrazione -  con l'obiettivo di far valere le competenze di chi nella pratica clinica ha l'esperienza fondata sui grandi numeri e il contatto quotidiano e assiduo con la patologia reumatica. All'atto pratico i congressi dovranno privilegiare formazione e comunicazione e la loro strutturazione dovrà basarsi su sessioni interattive, casi clinici, tavole rotonde, talk show, consensus di esperti, politica sanitaria, etc.
Il CROI dovrà operare uno sforzo economico per far partecipare al Congresso Nazionale il maggior numero possibile di giovani reumatologi, attingendo e profondendo risorse finanziarie attraverso sponsorizzazioni ad hoc dedicate.

Sempre in ambito congressuale dovrà essere dato uno spazio alle esigenze culturali e professionali dei giovani scientificamente più valenti e far si che questi abbiano voce , visibilità e riconoscimenti premiali.

Nuova linfa vitale potrà derivare al CROI  da una organizzazione congressuale che gestisca l' evento come un momento culturale originale ed  innovativo, che risulti sinergizzato con modalità da definirsi con il Congresso SIR, istituzionalmente dedicato a più elettive tematiche di ricerca scientifica.
Si dovrà, infine, riconsiderare quali debbano essere i contenuti degli eventi regionali, macroregionali o nazionali, definendo con precisione quali siano gli obiettivi formativi che il CROI con essi vuole raggiungere; a tal fine è auspicabile che sia lo stesso Consiglio Direttivo del CROI a coordinarne la programmazione, la calendarizzazione, la cadenza e ne validi l'utilità nell' intesse generale.  

Il CROI e il Mediterraneo
Aldilà di una naturale e motivata tendenza delle nostre Società scientifice a far riferimento ai paesi anglosassoni, potrebbe essere strategico che il CROI  si proponga  come punto di riferimento per i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Offrire opzioni di collaborazione a Paesi, spesso trascurati, le cui risorse sono potenzialmente enormi, è un'opportunità che amplia i nostri orizzonti  anche verso altre realtà,una volta stabilizzate dal travaglio politico che stanno vivendo nei tempi attuali.
Credo di poter affermare che essere nel CROI  abbia significato almeno per me solidarietà, condivisione, collaborazione, continuità, amicizia.
Esse hanno dato forza alle leadership che nel tempo si sono avvicendate nella conduzione della Società, giacché ciascuno ha potuto gestire su quanto precedentemente costruito o messo in campo in termini di progettazione e innovazione.
Chiunque sarà chiamato a guidare il CROI  nel prossimo mandato si avvantaggerà dal farsi forte di questa storica coesione per portare avanti progetti, proposte, innovazioni.

Luigi Di Matteo

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