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Sapere come affrontare la real life: è questo quello che vogliono conoscere i malati

Nell’epoca del tutto e subito nella quale ci troviamo immersi, ci sono momenti che hanno ancora un’eco di lunga durata. Uno di questi riecheggia da Tempio Pausania (Ss) dove la sera del 6 aprile scorso, i reumatologi del CReI impegnati nella due giorni congressuali sulla Real Life Rheumatologists, hanno incontrato più di 150 pazienti presso il locale Teatro del Carmine. Una location suggestiva, anche per come era stata allestita dagli organizzatori dell’evento, con tanto di piccole mongolfiere attaccate al soffitto, a simboleggiare che se si lasciano andare i pregiudizi e i facili giudizi si può arrivare a (s)muovere la sensibilità di tutti. “Conosciamo le malattie reumatiche”, era questo il titolo dell’incontro, declinato nella quotidianità che vive il malato, nella vita vera di tutti i giorni che riguarda il malato e chi gli è accanto. Una quotidianità, quindi, fatta di relazioni, lavoro, difficoltà emotive e fisiche, e tanti nodi fatti di punti interrogativi da sciogliere.

Perché l’incontro medici-pazienti a Tempio Pausania è ancora presente, e come accade con un buon piatto si sta chiedendo con insistenza il bis? Eppure, di momenti di informazione sulle malattie reumatiche alla cittadinanza ce ne sono tanti. Premesso che tutti questi momenti sono preziosi, perché aiutano a sensibilizzare verso una diagnosi precoce, per cosa ha lasciato il segno quello ospitato nel Teatro del Carmine? «Tempio è una città che risponde sempre benissimo a questi eventi. Anzi, a dirla tutta, anticipando ai pazienti quanto sarebbe accaduto prima dell’evento, alcuni mi hanno dato anche qualche suggerimento: non tutte le persone che sono vicine a chi ha una problematica di tipo reumatologico è in grado di comprendere appieno il disagio psico-fisico con cui il malato deve fare i conti ogni giorno», spiega Daniela Marotto, reumatologa presso l’Ambulatorio di Reumatologia dell’Ospedale “Paolo Dettori” di Tempio Pausania e membro del CReI, che insieme alla collega Silvia Sanna dell’Ospedale Santa Barbara di Iglesias (Sud Sardegna) e al collega Roberto Murgia hanno organizzato l’incontro e il Congresso. «Ogni esperienza con i pazienti è uno scambio, è un esercizio di empatia reciproca. Per comprendere appieno il paziente, e la totalità delle problematiche che la persona porta alla nostra attenzione, abbiamo bisogno di accorciare le distanze relazionali. La bellissima esperienza di Tempio, ancora una volta, ha fatto emergere questo aspetto su cui noi medici dobbiamo lavorare insieme ai pazienti», sottolinea Gilda Sandri, reumatologa presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena e Vicepresidente del CReI.

Ma che cosa vogliono sapere più di tutto i pazienti? «Prima di tutto, vogliono essere compresi. Desiderano che il medico faccia sfoggio di empatia, dote che un medico ha, ma che andrebbe allenata già durante il percorso universitario, magari con itinerari ad hoc. Desiderano che chi sta loro accanto, i partner, gli amici, i famigliari, li capiscano e non li prendano per persone che esagerano. Perché purtroppo a volte succede, come ci raccontano sconfortati alcuni pazienti», sottolinea Daniela Marotto. Poi, chiedono anche «notizie sulle scelte alimentari, sugli integratori, su quanto durerà la terapia, su quali sono gli effetti collaterali dei farmaci, sul come mai si sono ammalati, se possono avere gravidanze, se rischiano di trasmettere ai figli la stessa malattia, su come spiegare al lavoro quali sono le loro difficoltà, oppure agli insegnanti che hanno nelle loro aule i figli con malattie reumatiche. Le malattie reumatiche si presentano anche in età pediatrica, e forse dovremmo fare un lavoro di divulgazione anche nelle scuole. Ma, in sostanza, tutti vogliono sapere di vita vera, avendo magari qualche suggerimento su come affrontarla al meglio». E, aggiunge Gilda Sandri: «I pazienti vogliono sapere che il medico ci sarà, nei momenti di remissione della malattia e in quelli di riacutizzazione. Ci sarà anche quando potranno sorgere altre problematiche, che non sarà lasciato solo. Oggi, il paziente è informato, legge, condivide i suoi timori con chi sta attraversando gli stessi disagi, ma ha bisogno di spiegazioni, di avere supporto. Ha bisogno di sapere che si può fare qualcosa per il dolore, anche quando arriva da noi e ci dice “Eh, sono vecchio e i dolori me li devo tenere”: non è così, possiamo fare qualcosa, magari a volte servirà più tempo di altre, ma possiamo, insieme, fare qualcosa. Il paziente ha bisogno delle conoscenze scientifiche del medico e dell’umanità del professionista. Il paziente ha bisogno del medico illuminato più che del luminare». Per questo, i medici del CReI presenti tutti i giorni negli ambulatori e negli ospedali del territorio hanno messo via slide, tecnicismi e tutto quanto potesse portarli lontani dalla quotidianità delle persone presenti. È stato questo il successo dell’evento? «Non saprei, ma una cosa possa dirla: con i colleghi del CReI si respira un’aria che sa di famiglia e forse anche questo clima ha reso possibile un successo così. Ancora oggi mi arrivano messaggi per chiedere quando possiamo ripetere l’evento», conclude Daniela Marotto.
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