Malattie reumatiche

Artrite psoriasica e aterosclerosi, bene tenere sotto controllo l'infiammazione ma non dimenticare i fattori di rischio tradizionali

I pazienti con artrite psoriasica (AP) che mostrano uno stato infiammatorio elevato sono più a rischio di sviluppare un’aterosclerosi più grave.

La Dott.ssa Lihi Eder, medico e dottore di ricerca presso il Centre for Prognosis Studies in the Rheumatic Diseases (Toronto, Canada) ed i suoi colleghi hanno presentato l’analisi da loro condotta su un’ampia coorte di 235 pazienti con AP in un articolo recentemente pubblicato su Annals of the Rheumatic Disease.

Lo studio proposto aveva come obiettivo quello di valutare il rischio di eventi cardiovascolari attraverso l’utilizzo di un endpoint surrogato, l’aterosclerosi. Tale endpoint era misurato calcolando l’area totale della placca, risultato della somma delle aree di tutte le placche riscontrate nelle arterie carotidee di destra e sinistra.

I pazienti con AP hanno molti dei tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. Sebbene l’associazione fra AP e aumento della malattia cardiovascolare sia ormai bene nota, scarsi sono gli studi, spiegano gli autori, che ne hanno approfondito i meccanismi sottesi.

Secondo gli autori l’associazione fra AP e aterosclerosi può essere mediata dai tradizionali fattori di rischio. Questa l’ipotesi alla base della loro pubblicazione.

Gli studiosi hanno infatti osservato che i pazienti con un’aterosclerosi grave avevano un’età più elevata (p<0,0001), erano obesi (p=0,01), fumatori (p=0,008) e affetti anche da ipertensione (p=0,001), diabete (p<0,0001) e dislipidemia (p<0,0001).

All’analisi multivariata, aggiustando i precedenti risultati per età e sesso, una velocità di eritrosedimentazione (VES) più elevata (p=0,009), la conta dei globuli bianchi (p=0,015) e l’attività di malattia (p=0,04) erano associate ad un’aterosclerosi più grave. In altre parole, i pazienti con più infiammazione avevano un’aterosclerosi più grave.

Sappiamo infatti che monociti e linfociti T attraversano la barriera endoteliale passando nella tonaca intima dei vasi, dove producono citochine infiammatorie che up-regolano l’immunità cellulo-mediata e promuovono la disfunzione dell’endotelio vascolare, che porta alla formazione della placca.

Tuttavia, quando gli sperimentatori sono andati ad aggiustare l’analisi per i fattori di rischio cardiovascolare tradizionali, l’associazione fra AP e aterosclerosi si è ridotta, suggerendo che l’effetto dell’infiammazione sull’aterogenesi può essere parzialmente mediato dall’incremento di questi fattori di rischio.

In aggiunta, gli sperimentatori non hanno trovato alcuna associazione fra la durata di malattia e la gravità dell’aterosclerosi, così come non è stata trovata una correlazione fra proteina C reattiva (PCR) e aterosclerosi, nonostante questa associazione si legata ad un aumento del rischio cardiovascolare nella popolazione generale.

Quest’ultimo risultato può essere spiegato dai livelli relativamente bassi di infiammazione cronica comunemente rilevati nei pazienti con AP rispetto ai pazienti con altre malattie reumatiche. Quindi, per poter apprezzare l’eventuale correlazione fra PCR e aterosclerosi è necessario utilizzare test ad alta sensibilità, non utilizzati in questo studio. Dato interessante è che l’effetto combinato di infiammazione articolare, PCR e punteggi del questionario che valuta l’attività di malattia in questi pazienti (DAPSA) correlava con un’aterosclerosi più grave.

“La nostra pubblicazione sottolinea il fatto che è importante [valutare] il carico di infiammazione, non solo l’evidenza di infiammazione in un momento preciso. Generalmente aggiustiamo per parametri che possono avere un effetto sull’esito. Quando aggiustiamo per parametri che sono noti per essere legati all’aterosclerosi, quali ad esempio elementi della sindrome metabolica, che [sono] anche aumentati nei pazienti con AP, l’effetto dei marcatori dell’infiammazione viene meno, suggerendo che gli elementi del metabolismo possono mediare l’effetto dell’infiammazione”, dichiara la Dott.ssa Dafna D. Gladman, autore del lavoro, in un’intervista rilasciata a Medscape Medical News.

Il controllo dell’infiammazione e dei fattori metabolici attraverso l’uso di terapie sistemiche, suggeriscono gli autori, potrebbe quindi prevenire la progressione delle placche aterosclerotiche e ridurre il rischio di eventi cardiovascolari. Quindi lo studio “supporta il concetto secondo cui i pazienti con un’artrite di natura infiammatoria dovrebbero essere trattati in maniera aggressiva per controllare l’infiammazione allo scopo di prevenire questa comorbidità”, aggiunge la Dott.ssa Gladman.

Lo studio presenta tuttavia alcune limitazioni. Primo fra tutti, l’aver utilizzato un endpoint surrogato per la valutazione degli eventi cardiovascolari. Infatti, sebbene l’area totale delle placche sia un fattore predittivo forte per lo sviluppo di eventi cardiovascolari, esso non tiene di conto di altri aspetti importanti quali la vulnerabilità della placca. Inoltre lo studio non ha approfondito altre cause potenziali di aterogenesi, quali l’attività fisica o la familiarità.

“La forza dello studio è una fenotipizzazione completa ed accurata dei pazienti, che consente una stima del carico infiammatorio della malattia sul lungo termine”, affermano gli autori, secondo cui questo lavoro è “lo studio più ampio ad aver investigato l’associazione fra carico di infiammazione della malattia e aterosclerosi nei pazienti con AP”.

Ad ogni modo “ulteriori studi sono necessari per determinare se il controllo dell’infiammazione attraverso l’uso di  terapie sistemiche possa prevenire la progressione delle placche aterosclerotiche, riducendo quindi il rischio di eventi cardiovascolari”, concludono gli autori.

Riportiamo adesso un commento rilasciato a Pharmastar dalla Dott.ssa Arianna Consensi, reumatologa presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana.

“Con i farmaci attualmente disponibili per il trattamento dell’artrite psoriasica, e in particolare grazie agli anti-TNF, i nostri pazienti sono ad oggi complessivamente sotto controllo sotto il profilo infiammatorio. Come reumatologi non dobbiamo però dimenticarci di valutare e seguire questi - ed in generale tutti i nostri pazienti - anche da altri punti di vista, cercando di correggere per quanto possibile le cattive abitudini alimentari e di vita note per aumentare il rischio di malattia cardiovascolare”.

Francesca Sernissi

Reference: Eder L, Thavaneswaran A, Chandran V, Cook R, Gladman DD. Increased burden of inflammation over time is associated with the extent of atherosclerotic plaques in patients with psoriatic arthritis. Ann Rheum Dis. 2014 May 14. pii:annrheumdis-2014-205267






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