Malattie reumatiche

Bifosfonati e rischio di FA, nuove conferme sulla possibile associazione

Una nuova metanalisi appena pubblicata sull’American Journal of Cardiology evidenzia che i dati combinati di 9 studi randomizzati e osservazionali suggeriscono che l’uso dei bifosfonati, sia orali sia per via endovenosa, aumenta il rischio di sviluppare fibrillazione atriale (FA), specie nel caso delle formulazioni iniettive. Per questo motivo, sostengono gli autori, la Food and Drug Administration dovrebbe riconsiderare le conclusioni della sua ultima analisi sul rischio di FA associato a questi farmaci.

In un’intervista ad Heartwire, l’autore principale dello studio, Abhishek Sharma, del Maimonides Medical Center di Brooklyn, ha detto che i bisfosfonati hanno dimostrato di ridurre la morbilità e la mortalità e che la metanalisi suggerisce che questi agenti dovrebbero continuare ad essere utilizzati come terapia di prima linea per l'osteoporosi e l’osteopenia, "ma bisogna stare molto attenti nella selezione dei pazienti". In particolare, andrebbero monitorati attentamente quelli notoriamente ad alto rischio di FA, cioè gli anziani e i soggetti con una storia di eventi cardiaci alle spalle.

"I bifosfonati sono farmaci ampiamente utilizzati e sono in arrivo sempre più indicazioni” ha sottolineato Sharma. "Di solito sono prescritti dal medico di medicina generale o dall’oncologo. Tuttavia, i pazienti a cui vengono dati tendono spesso ad avere comorbidità cardiache”. Pertanto, ha aggiunto l’autore, “suggerisco fortemente ai cardiologi di tenere presente quest’associazione e, oltre a tenere sotto stretto controllo i pazienti, di collaborare con gli oncologi”.

I bifosfonati sono in genere considerati una terapia di prima linea per curare l'osteoporosi e l’osteopenia. Tuttavia, in seguito all’emergere di preoccupazioni in merito a un possibile rischio di FA associato all'uso dei bifosfonati , nel 2008 l’Fda ha esaminato i dati di una serie di studi clinici che avevano coinvolto in totale 19.687 pazienti trattati con bifosfonati (alendronato, ibandronato, risedronato e acido zoledronico) e 18.358 pazienti trattati con placebo. L’analisi ha portato a concludere che non vi era alcun rischio significativo di FA associato all’assunzione di questi farmaci e che l'incidenza assoluta della FA negli utilizzatori di bifosfonati era bassa, ma l’agenzia disse che avrebbe continuato a monitorare i dati.

Da allora sono stati pubblicati nuovi studi. Nell’ottobre scorso, il gruppo di Sharma ha pubblicato un’altra metanalisi nella quale sono stati inclusi gli studi più recenti sull’argomento e in cui l'uso dei bifosfonati è risultato associato a un maggior rischio di FA tale da richiedere un ricovero ospedaliero. Tuttavia, questo riscontro potrebbe essere legato all’uso dei bifosfonati endovena, perché tale via di somministrazione è associata a un forte rilascio di citochine infiammatorie. In più, studi precedenti che hanno esaminato separatamente bifosfonati orali e bifosfonati ev hanno dato risultati contraddittori.

Per fare chiarezza su quest’ultimo aspetto, Sharma e i suoi colleghi hanno effettuato una nuova revisione sistematica e metanalisi degli studi pubblicati. I ricercatori hanno identificato cinque studi clinici randomizzati e controllati che hanno confrontato acido zoledronico ev e alendronato e risedronato per via orale con un placebo, e quattro studi osservazionali che hanno esaminato zoledronato e pamidronato ev, così come alendronato, clodronato, etidronato, ibandronato e risedronato per via orale. I 9 studi hanno coinvolto complessivamente 135.347 pazienti.

La metanalisi ha evidenziato un aumento del rischio relativo di FA con entrambi i tipi di bifosfonati (RR 1,28, 1,18-1,38) anche se il rischio è risultato maggiore con le formulazioni ev (RR 1,40; IC al 95% 1,32-1,49) che non con la somministrazione orale (RR 1,22; IC al 95% 1,14-1,31).

Tuttavia, il rischio assoluto di sviluppare FA è risultato basso: 1,1% con i bifosfonati ev e 0,4% con quelli orali rispetto al placebo.

Dal momento che cinque di questi studi sono stati pubblicati dopo la revisione eseguita dall’Fda nel 2008 e i risultati suggeriscono che l’aumento del rischio di FA riguarda sia i bifosfonati ev sia quelli orali, potrebbe essere utile un riesame della questione da parte dell’agenzia, scrivono gli autori.

Anche se questa metanalisi è sufficientemente ampia per rilevare eventi rari, ha comunque diverse limitazioni. Gli autori, per esempio, non avevano informazioni dettagliate sui fattori di rischio cardiovascolari basali e sull'uso di altri farmaci concomitanti; inoltre, i singoli studi originali erano troppo piccoli per poter valutare gli effetti dei singoli farmaci e gli studi randomizzati utilizzati nell'analisi non erano disegnati appositamente per determinare il rischio di FA legato ai bifosfonati.

Pertanto, conludono Sharma e i suo colleghi, “sono necessari altri studi prospettici randomizzati per valutare ulteriormente il rischio di FA associato alla terapia con bifosfonati e per capire se l'associazione sia un effetto di classe o dipenda da farmaci specifici”,

A. Sharma, et al. Risk of atrial fibrillation with use of oral and intravenous bisphosphonates. Am J Cardiol 2014; DOI: 10.1016/j.amjcard.2014.03.008
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