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Fibromialgia. AISF: "Facciamoci amico il cervello emotivo"

Iniziano il 12 ottobre, giornata dedicata al malato reumatico, i dieci incontri gratuiti con cadenza settimanale della durata di un’ora che AISF Bagheria-Palermo ha pensato in collaborazione con gli esperti neurologi e psicoterapeuti di NeuroTeam, spin-off dell’Università degli studi di Palermo, e dedicati agli iscritti all’Associazione italiana sindrome fibromialgica. Obiettivo? Farsi amico il cervello emotivo, per gestire in modo più consapevole e con maggiori strumenti tutta la sintomatologia della Fibromialgia. Si sa, chi è affetto dalla sindrome fibromialgica convive con il dolore, con l’insonnia, e con una varietà di sintomi tali da compromettere più o meno seriamente la qualità della vita in tutti gli ambiti. «È questa la ragione che ci ha spinto a volere questi incontri di carattere psicoeducativo: per offrire la possibilità di avere una qualità di vita migliore, facendo crescere il livello di consapevolezza di chi convive con la fibromialgia e offrendo loro un supporto nella gestione del dolore, affinché non si cada vittime di esso, ma si acquisiscano strumenti ad hoc a gestirlo. Offrire la possibilità di essere seguiti da guide esperte, è il nostro modo di tendere la mano a chi soffre di Fibromialgia, per dire ci siamo e desideriamo aiutarvi e aiutarci, insieme, a migliorare la qualità di vita», sottolinea Giusy Fabio, referente della sezione AISF Bagheria-Palermo.

Perché chi soffre di Fibromialgia dovrebbe “educare” il cervello emotivo? «Il cervello emotivo è la parte più antica del sistema nervoso, deputato all’espressione e alla comprensione delle emozioni. Modularlo, in chi soffre di questa sindrome, contribuisce a rimodellare le connessioni fra aree emozionali e aree deputate alla percezione del dolore», premette Massimiliano Oliveri, neurologo, professore di Neuroscienze cognitive, e CEO di NeuroTeam. Lo dimostra anche la ricerca neuroscientifica: il solo modo in cui possiamo modificare come ci sentiamo è diventare consapevoli della nostra esperienza interiore, imparando a diventare amici di ciò che accade dentro di noi. «Vivere o rivivere emozioni negative provoca cambiamenti significativi in aree cerebrali che ricevono segnali nervosi dai muscoli, dall’intestino e dalla pelle: aree essenziali nella regolazione delle funzioni corporee di base. Gli esami di neuroimaging funzionale mostrano che la riesposizione/ripetizione di un evento del passato, connotato emotivamente, comporta l’esperire di nuovo le stesse reazioni viscerali. Tutto ciò può attivare disperati tentativi di spegnimento delle emozioni stesse. Innescando un paradosso: più si tenta di eliminare, o ignorare i segnali interni, tanto più si è invasi, frastornati e confusi, con un aumento dei sintomi somatici», aggiunge Oliveri.

Come si accede al cervello emotivo? «Con l’autoconsapevolezza, che si può raggiungere attraverso l’attivazione della corteccia prefrontale mediale, la parte del cervello che osserva cosa succede dentro di noi, permettendoci di sentire ciò che stiamo sentendo. Ossia, con l’interocezione, che dal latino, appunto, vuole dire guardare dentro. L’obiettivo più importante che ci poniamo con questa esperienza è quello di aiutare i pazienti a ripristinare il giusto equilibrio tra il cervello emotivo e quello razionale. Il nostro intervento, quindi, promuove interocezione “buona” riflessiva, mediata dalla corteccia prefrontale, e riduce l’interocezione mediata dall’insula, che nella fibromialgia si associa a “reazione catastrofica”», spiega Oliveri.

Come si svolgeranno gli incontri di gruppo? «Ci saranno al massimo nove partecipanti, nel rispetto delle norme anti-Covid. Si farà prima un colloquio clinico, per esplorare la motivazione della persona a partecipare all’esperienza di gruppo. Saranno somministrati dei test, per indagare se vi sono problematiche di tipo depressivo-ansiose, nonché la reazione sensoriale agli stimoli di varia natura. Gli incontri avranno la durata di un’ora e alla fine del percorso saranno risomministrati dei test per verificare il riverbero delle attività proposte sullo stato di benessere dei singoli pazienti», evidenzia Sandra Giordano, psicologa e psicoterapeuta, partner di NeuroTeam. Inoltre, la dottoressa sottolinea che il lavoro psicoeducativo del cervello emotivo non può essere fatto in autonomia, richiede la supervisione e la collaborazione di operatori sanitari specializzati, quali psicologi, medici e operatori della salute, in grado di potere contenere la sofferenza espressa dai pazienti ed indirizzarla verso l’utilizzo di risorse sane per affrontare il proprio disagio. «Ci sarà inoltre un esperta del metodo Feldenkrais, rappresentante di AISF», aggiunge Giusy Fabio.


Qual è il vantaggio che potrà avere chi farà questo percorso in gruppo? «Incontrare una guida che aiuterà a saperne di più sul proprio disturbo, a trovare un senso a ciò che sta accadendo nella propria vita. Il gruppo, infatti, è stato pensato come luogo in cui poter sviluppare un senso di agency, ossia il sentimento di avere in carico la propria vita. Grazie alla protezione del gruppo i partecipanti potranno rispecchiarsi, affrontando la paura di star male, guardandosi dentro e fuori contemporaneamente, attraverso il confronto con lo sguardo dell’altro, potendo così sviluppare in parallelo due forme di consapevolezza: quella che tiene traccia del Sé nel tempo, il nostro Sé autobiografico, che crea collegamenti tra le esperienze e le integra tramite il linguaggio, e quella legata al Sé nel momento presente, che si basa sulle sensazioni fisiche», afferma Rosaria la Cara, anche lei psicologa e psicoterapeuta partner di NeuroTeam.

«Questi due sistemi di consapevolezza di Sé sono localizzati in diversi parti del cervello, sostanzialmente scollegati l’uno dall’altro. Un sistema crea una storia a uso pubblico e raccontandola più volte finiamo per credere che sia vera, l’altro registra una verità differente che ha a che fare con il modo in cui viviamo la situazione nel profondo: è a quest’ultimo sistema che dobbiamo accedere, facendolo amico e riconoscendoci con esso», conclude La Cara.

Per maggiori info, contattare AISF, https://sindromefibromialgica.it







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