Malattie reumatiche

Gotta sempre più diffusa a causa dei nuovi stili di vita

Da “malattia dei re” a “malattia del popolo”: se in passato era comune tra i privilegiati che potevano permettersi ricchi pasti a base di alcolici e di alimenti altamente proteici, la gotta è oggi particolarmente diffusa tra le persone con livello di istruzione e tasso di occupazione inferiore alla popolazione generale.

Ne sono colpiti, solo in Italia, oltre 500.000 individui, soprattutto uomini oltre i 40 anni e donne in post-menopausa, e potenzialmente più di 5 milioni potrebbero svilupparla. Tanti sono infatti i soggetti che presentano elevati livelli di acido urico nel sangue (iperuricemia), causa diretta della comparsa della malattia, spesso in associazione con un disordine metabolico più generale (obesità, dislipidemia, iperglicemia, ipertensione).

Nella maggior parte dei casi l’iperuricemia è asintomatica per anni, per poi manifestarsi con il deposito di cristalli di urato monosodico che vanno ad accumularsi a livello articolare, dando origine ad attacchi acuti e intermittenti, che con il passare degli anni evolvono in una forma cronica di artrite.

In genere gli attacchi interessano inizialmente l’alluce, successivamente si estendono a caviglie, gomiti e ginocchia, spalle o polsi che si gonfiano e arrossano procurando forti bruciori. L’incidenza di questa patologia è in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e dei tassi crescenti di obesità e diabete tra la popolazione, oltre che della diffusione di alcune classi di farmaci .

“Nonostante la gotta sia nota da tempo, pochi studi si sono focalizzati sull’identificazione delle possibili variabili socio-demografiche e cliniche che possono influire significativamente sul grado di disabilità, sulla qualità della vita e sul rischio di mortalità – spiega il Prof. Giovanni Minisola, Presidente della Società Italiana di Reumatologia e Primario Reumatologo dell’Ospedale di Alta Specializzazione “San Camillo” di Roma – Sebbene la recente introduzione di nuovi farmaci stia dando un certo impulso alla ricerca, gli studi osservazionali in materia sono sporadici a livello internazionale e praticamente assenti per l’Italia. Da questa necessità scaturisce l’impegno della Società Italiana di Reumatologia nello studio KING”, i cui dati preliminari sono presentati in occasione del XLIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Reumatologia, in corso a Milano fino al 24 Novembre.

Lo studio KING (Kick-off the Italian Network for Gout), coordinato dalla Task Force Epidemiologica della Società Italiana di Reumatologia, si è proposto di osservare l’influenza di numerose variabili (fattori socio-demografici, comorbidità, abitudini di vita, durata e fase di malattia, terapie pregresse e concomitanti, indici di attività e danno) sulla disabilità funzionale e sulla qualità della vita di pazienti affetti da gotta, individuando quali fattori maggiormente predispongono al peggioramento cronico della malattia. Sono stati coinvolti 30 centri reumatologici distribuiti sul territorio nazionale per ottenere, attraverso un questionario standardizzato e validato, dati di follow-up a 12 mesi su 450 pazienti in tutta Italia.

I risultati preliminari hanno fornito dati interessanti sulla storia attuale della gotta: il 40% dei pazienti con gotta mostra una disabilità superiore all’atteso, che va da lieve a severa. A causa della disabilità e della peggiore condizione fisica, la qualità di vita dei pazienti risulta significativamente ridotta rispetto all’atteso per soggetti di pari età, sesso e distribuzione geografica. Lo studio ha rilevato inoltre come gli stili di vita abbiano un impatto significativo sulla malattia: in particolare i soggetti obesi o coloro che consumano alcolici, specie la birra, presentano una maggiore disabilità , mentre è stato riscontrato che l’abitudine al fumo dei pazienti con gotta è minore rispetto alla popolazione generale.

I dati raccolti evidenziano come lo stile di vita dei pazienti con gotta rimanga ancora parzialmente differente da quanto raccomandato: pur essendo diffusa una certa consapevolezza verso alcuni tradizionali fattori di rischio, altre buone abitudini sono tuttora trascurate.

“Emerge la necessità di un intervento in grado di migliorare la condizione dei pazienti, limitandone la disabilità e prevenendo l’acutizzazione cronica della malattia – commenta il Prof. Minisola – Per questo la Società Italiana di Reumatologia ribadisce l’importanza di una diagnosi precoce e di una terapia appropriata, cui affiancare una corretta educazione del paziente, che deve essere opportunamente informato e sensibilizzato sui comportamenti da adottare. Perché l’approccio nella gestione della malattia sia sempre più mirato ed efficace non si devono dimenticare una sana alimentazione e una moderata attività fisica. Questo studio – conclude il Professor Minisola – è il primo che esamina il rapporto tra stili di vita e gotta in una vasta popolazione di pazienti, omogeneamente distribuita sul territorio italiano.

La sua realizzazione è stata possibile grazie all’impegno e alla competenza di due giovani ricercatori, il Dottor Scirè, coordinatore della Task Force Epidemiologica della SIR, e la Dottoressa Manara, che con i risultati ottenuti hanno data una concreta testimonianza di quanto sia importante investire in ricerca, come la Società Italiana di Reumatologia ha fatto e continuerà a fare. La Società è infatti fortemente orientata verso la ricerca e la sostiene attraverso FIRA, la sua Fondazione Italiana per la Ricerca sull’Artrite.


ALIMENTI CONSIGLIATI
Latte; formaggi freschi e poco grassi (mozzarella, scamorza, stracchino, fior di latte, caciotta, asiago, crescenza, fontina); frutta (ciliegie); alimenti ricchi di vitamina C; caffè (in quantità moderate)

ALIMENTI CONSENTITI
Pane, pasta e riso; verdure e legumi (fagioli, lenticchie, piselli); the

ALIMENTI DA RIDURRE
Pesce magro (sogliola, spigola, tinca, orata, merluzzo, trota, nasello, dentice, cavedano); carni rosse e bianche; formaggi grassi; vino; frutta zuccherata; dolci

ALIMENTI DA EVITARE
Molluschi, frutti di mare, pesci grassi o salati (anguilla, cefalo, pesce spada, sarda, sgombro, tonno, salmone, aringa, acciuga, sardina, baccalà); selvaggina; brodo di carne; salumi e carne insaccata (zampone, cotechino, salsiccia); salse piccanti; birra e superalcolici; bevande gassate zuccherate



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