Malattie reumatiche

Nefrite lupica, aggiungere rituximab non aiuta

Nei pazienti con nefrite lupica, l'aggiunta di rituximab al trattamento con micofenolato mofetile (MMF) e steroidi non ha migliorato gli outcome clinici dopo un anno di trattamento in uno studio pubblicato di recente su Arthritis & Rheumatism, lo studio LUNAR.

Secondo il primo autore dello studio, Brad Rovin, della Ohio State University di Columbus (Ohio) anche se l'aggiunta del biologico non ha migliorato le percentuali di remissione completa, molti ricercatori ritengono che rituximab abbia un ruolo in alcuni sottogruppi di pazienti affetti dalla malattia e resta da definire quali possano rispondere al farmaco e beneficiarne.
Inoltre, si sa che molti pazienti con nefrite lupica mostrano una risposta renale solo parziale dopo un anno di trattamento, il che dimostra la necessità di disporre di terapie più efficaci. Per questo, Rovin e i suoi collaboratori hanno provato a valutare efficacia e sicurezza dell'aggiunta di rituximab in pazienti affetti dalla malattia trattati in concomitanza con MMF e corticosteroidi, attraverso uno studio di fase III, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo.

Gli autori hanno arruolato 144 pazienti con nefrite lupica di classe III o IV, e li hanno trattati in rapporto 1:1 con rituximab (1000 mg) o placebo nei giorni 1, 15, 168, e 182, oltre che con MMF e corticosteroidi. L'endpoint primario era la risposta renale superiore nel gruppo rituximab a 52 settimane.
Obiettivo mancato, visto che non è emersa alcuna differenza significativa nella percentuale di risposte complete e parziali ottenute con rituximab rispetto al placebo: 56,9% contro 45,8% (P = 0,55).
Ma qualche risultato positivo si è ottenuto: aggiungendo rituximab, i livelli sierici delle frazioni del complemento C3 e C4 e degli anticorpi anti-DNA a doppia elica (anti-dsDNA, altamente specifici per il lupus) sono migliorati in modo significativo e si è osservata anche una tendenza verso una riduzione della proteinuria, un miglioramento della funzionalità renale e una minore necessità di terapie di salvataggio.

E anche se la differenza non è risultata statisticamente significativa, tra i pazienti del gruppo rituximab la risposta renale è risultata superiore in quelli di razza nera, il che, secondo gli autori, potrebbe giustificare un ulteriore studio in alcuni sottogruppi.
Inoltre, ha spiegato Rovin, alcuni studi non controllati suggeriscono che rituximab potrebbe risultare utile in alcuni pazienti che si sono dimostrati refrattari ad altre terapie, ma questo dato deve essere confermato da studi controllati.
Sono in corso anche trial su rituximab come terapia primaria, e non aggiuntiva, sui pazienti con nefrite lupica, ma i risultati non sono ancora stati pubblicati.

B.H. Rovin, et al. Efficacy and safety of rituximab in patients with active proliferative lupus nephritis: The lupus nephritis assessment with rituximab (LUNAR) study. Arthritis & Rheumatism 2012.Doi: 0.1002/art.34359.
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