Malattie reumatiche

Sclerodermia: la sopravvivenza dipende dall'impegno polmonare

La sclerosi sistemica, nota anche come sclerodermia, è una malattia autoimmune caratterizzata da elevata mortalità, dovuta in prevalenza allo sviluppo di morbidità, fra cui le complicazioni polmonari.
Uno studio retrospettivo appena pubblicato su Arthritis & Rheumatology è stato in grado di individuare alcuni fattori predittivi per lo sviluppo di fibrosi e ipertensione polmonare.

Lo studio ha dimostrato che i pazienti che sviluppavano ipertensione polmonare nel primi 3 anni di malattia rischiavano di morire 7 volte di più rispetto agli altri pazienti (hazard ratio 6,9; 95% intervallo di confidenza 3,2-14,9; P<0,001), spiegano Christopher P. Denton ed i colleghi del Center for Rheumatology and Connective Tissue Diseases del Royal Free Hospital di Londra. Inoltre, una fibrosi polmonare clinicamente significativa e insorta precocemente determinava un rischio di morte più di 2 volte superiore (HR 2,4; 95% CI 1,6-3,4; P<0,001), aggiungono i ricercatori.

“La sclerosi sistemica presenta un pesante carico di mortalità e morbidità, e nelle ultime decadi le complicazioni polmonari di sono rivelate la principale causa di morte legata alla malattia" scrivono gli autori.

Pochi studi hanno esaminato gli esiti sul lungo termine e i fattori predittivi di sopravvivenza in coorti di pazienti non selezionati, nella cosiddetta ‘real life’. Per questo motivo Denton ed i suoi colleghi hanno condotto un’analisi retrospettiva di tutti i dati clinici dei pazienti con sclerodermia visitati presso il loro centro dal 1995 al 1999, per un follow up medio di 15 anni.

Dei 398 pazienti inclusi nello studio, 252 avevano una forma limitata di sclerodermia (impegno cutaneo presente solo nelle aree distali di gomiti e ginocchia), mentre i restanti 146 pazienti avevano una forma diffusa (ispessimento cutaneo sia distale che prossimale).

Durante i primi 5 anni, la sopravvivenza era del 94% per la forma limitata, rispetto all’85,5% osservato per la forma diffusa. A 10 anni la sopravvivenza nei due gruppi era scesa all’81,7% e 71,6%, mentre a 15 anni era del 69,2% e 55,1%, rispettivamente.

All’analisi multivariata, i fattori in grado di predire la mortalità includevano: età più avanzata all’esordio della malattia, forma diffusa di sclerodermia, bassa DLCO (capacità di diffusione del monossido di carbonio), bassa emoglobina, creatinina elevata, insieme alla presenza di un impegno cardiaco o di ipertensione polmonare.

I ricercatori avevano quindi calcolato dei punteggi da assegnare a ciascun fattore di rischio individuale. Ad esempio, alla forma cutanea di tipo diffuso veniva assegnato un punto, due per età all’esordio superiore ai 60 anni. Se l’ipertensione polmonare compariva entro i 3 anni dalla diagnosi, venivano assegnati 3 punti.

Il 21% dei pazienti cui era stato attribuito in maniera retrospettiva un punteggio totale di rischio pari a 1 (basso rischio) era deceduto durante il follow up. Considerando invece i pazienti con punteggio 1 o 2 (rischio moderato), la percentuale dei decessi era salita a 43. Infine, per punteggi 3 o 4, i decessi si erano verificati nel 66% dei casi. La mortalità era del 92% fra i pazienti con punteggio superiore a 4, ma il gruppo in questione era piccolo.

Durante il follow up, il 22% dei pazienti con la forma cutanea limitata avevano sviluppato una fibrosi polmonare clinicamente significativa, contro il 42% dei pazienti appartenenti al gruppo che presentava una forma diffusa.

All’analisi multivariata, i fattori predittivi di una fibrosi polmonare includevano: la forma diffusa, una bassa FVC (capacità vitale forzata alle prove di funzionalità respiratoria) e DLCO, nonché la presenza di anticorpi anti-topoisomerasi I, mentre la presenza di anticorpi anti-centromero (ACA) avevano un’associazione negativa.
Il calcolo del punteggio di rischio per lo sviluppo di fibrosi prevedeva che venisse attribuito un punto se la forma di sclerodermia era diffusa e se l’età all’esordio era superiore a 55 anni. Bassi valori di FVC e DLCO valevano 2 punti, mentre la presenza di anticorpi anticentromero 3 punti.

Relativamente alla fibrosi polmonare, uno score totale negative era considerate ‘non a rischio’, dal momento che soltanto l’1% di questi pazienti avevano sviluppato una fibrosi polmonare clinicamente significativa. Fra quelli con basso rischio (score 0 o 1), il 16% aveva sviluppato fibrosi e quando il rischio era moderato (score 2), il 30% dei pazienti presentava questa condizione. Quanto ai pazienti con score 3 o maggiore, il 60% andava incontro a fibrosi polmonare. Dei pazienti con rischio ancor più elevato (3-4) il 60% aveva sviluppato fibrosi durante il periodo di follow up.
L’ipertensione polmonare era stata invece riscontrata nel 24% dei pazienti con forma limitata e nel 18% di pazienti con forma diffusa, ma non sussistevano differenze significative fra i due gruppi all’analisi di Kaplan-Meier.

I fattori predittivi di ipertensione polmonare all’analisi multivariata erano: età più elevata all’esordio della malattia, bassa DLCO, creatinina elevata e presenza di anticorpi anti-RNA polimerasi e anti-U3RNP. Gli anticorpi anti-topoisomerasi I riducevano invece questo rischio.

Calcolando il punteggio di rischio di questo outcome di malattia, solo il 2% dei pazienti con score zero o negativo sviluppavano ipertensione polmonare, contro l’11% dei pazienti con score 1, il 28% dei pazienti con score 2 e il 45% dei pazienti con score più elevato.

Questi risultati contraddicono alcune assunzioni accettate in passato. L’ipertensione polmonare era generalmente considerata una manifestazione tardiva della sclerosi sistemica; al contrario in questo studio è stato dimostrato che l’ipertensione polmonare può comparire anche durante i primi 3 anni. Inoltre l’ipertensione polmonare è spesso vista come una condizione maggiormente associata alla forma limitata di sclerosi sistemica, ma in questo studio i ricercatori hanno constatato che l’incidenza nelle due forme era paragonabile.

“Il nostro studio offre una preziosa visione nella ‘real life’ sugli esiti a lungo termine della sclerosi sistemica, le tempistiche e la frequenza dello sviluppo di complicanze maggiori, l'impatto di queste complicanze sugli outcome di malattia”, spiegano Denton ed i suoi colleghi.

In aggiunta, I modelli predittivi di calcolo del rischio utilizzati da questo gruppo di ricerca possono essere utili per la valutazione di pazienti, sia nella pratica clinica che durante la conduzione di trials. Tali modelli richiedono tuttavia di le necessarie validazioni - precisano gli autori – aggiungendo anche che lo studio presenta due limiti maggiori: l’aver optato per un disegno di studio retrospettivo e la possibilità che alcuni centri di riferimento terziari avessero casi più gravi rispetto ad altri centri.

Francesca Sernissi


Nihtyanova SI, Schreiber BE, Ong VH, Rosenberg D, Moinzadeh P, Coghlan JG, Wells AU, Denton CP. Prediction of pulmonary complications and long term survival in systemic sclerosis. Arthritis Rheumatol. 2014 Mar 3.

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